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1976-1994 - Franco Ottaviano - Agonia e fine della Prima Repubblica - (Appunti per le cronologie)
Cap. I VII LEGISLATURA IL TRIENNIO DELLA SOLIDARIETÀ NAZIONALE 1976-1979 1. IL GOVERNO DELLA «NON SFIDUCIA» |
«I due vincitori»
Le elezioni politiche del 20 – 21 giugno 1976 segnano uno spartiacque, un prima e un dopo nella storia dell’Italia repubblicana.1 Inizia il controverso triennio della solidarietà nazionale. Un passaggio incompiuto, il fallimento dell’utopia berlingueriana del compromesso storico e della terza fase della vita politica italiana prospettata da Aldo Moro. Una cesura tra la stagione dei movimenti collettivi apertasi col sessantotto e i fatidici anni ottanta, declino e agonia della Prima Repubblica, la lunga preistoria della sua fine nel 1994. Attese, speranze e paure caratterizzano la vigilia del voto. Per la stampa e tutti gli osservatori le più importanti dal 1948, quando si ruppe l’unità nazionale su cui si è fondata la repubblica italiana. Per la seconda volta la Legislatura si è chiusa anticipatamente. Dal voto del 1972 si sono succeduti ben cinque governi. Dopo il governo di centro destra Andreotti - Malagodi, due governi Rumor e due presieduti da Aldo Moro.2 A partire dal 1974 il terremoto politico. La sconfitta della Democrazia cristiana al referendum sul divorzio, il voto del 15 giugno 1975 alle amministrative che vede il Partito comunista passare dal 27,9% delle precedenti regionali del 1970 al 33,4% mentre la Dc dal 37,8% si ferma al 35, 3%. Solo due punti percentuali dividono i due partiti. Piero Ottone, direttore del «Corriere», sintetizza: «desiderio di mutamento».3 Gli elettori premiano il «partito dalle mani pulite», secondo il fortunato slogan del Pci, penalizzano il «regime» democristiano, chiedono una svolta. Anche il Psi avanza, passando dal 10,4% al 12%, un risultato che, tuttavia, non soddisfa il partito, troppo poco per le sue battaglie. Si sente scavalcato dal Pci e imprigionato nella vecchia formula di centro- sinistra, stretto fra le due principali forze politiche. Declino della Dc e questione comunista dominano il dibattito pubblico. Alla fine del 1975 l’articolo di Francesco De Martino che annuncia il ritiro del Psi dalla maggioranza.Il 14 gennaio 1976, sul primo numero del nuovo quotidiano fondato da Eugenio Scalfari «la Repubblica», il segretario socialista conferma la scelta e polemizza con le riserve del Pci sull’apertura della crisi . Rispetto alla proposta del compromesso storico non esclude una fase di transizione che comprenda la Dc, il Psi e il Pci ma a una condizione : «che ci sia un accordo preventivo delle forze di sinistra su un programma e su una politica e poi su una piattaforma comune si vada a discutere con la Dc . Se invece la sinistra si presenta divisa come è avvenuto in questi ultimi tempi , allora no, non saremo noi il vaso di coccio tra i vasi di ferro. Allora noi ci tiriamo fuori dal gioco». 4 Non è la linea prospettata da Berlinguer. La critica e l’insofferenza socialista muove dall’idea che si sia già in presenza di intese , più o meno palesi , fra Dc e Pci. Accuse a cui replica, il giorno dopo l, l’editoriale di Alessandro Natta Alla luce del sole. Nessun accordo sottobanco al contrario una forte sottolineatura del ruolo del Pci e dei successi strappati in Parlamento in virtù del carattere della sua opposizione costruttiva. 5 Alla crisi segue il debole monocolore dc, presieduto da Moro, lo appoggiano socialdemocratici, liberali e Sud Tiroler Vollospartei, mentre si astengono socialisti e repubblicani. Al congresso socialista di marzo prevale la linea dell’alternativa di sinistra, una contrapposizione al compromesso storico lanciato da Berlinguer nei famosi articoli sui fatti cileni 6. Eugenio Scalfari non ha dubbi, commentando il congresso dc che segna l’avvento alla segreteria di Benigno Zaccagnini, scrive: «Fino a quando la Dc non avrà cambiato natura e cioè non sarà diventato il partito dei cattolici democratici anziché la rappresentanza politica delle confraternite del potere, ogni ipotesi di compromesso storico è inattuabile». 7 Non perde occasione per polemizzare con il Pci che considera impraticabile un governo del 51% con la Dc all’opposizione: «la paura di vincere è un complesso (questo sì) dal quale chi ne è affetto prima guarisce meglio è».8 Sullo sfondo crisi economica, inflazione, svalutazione della lira, violenza diffusa, l’incessante offensiva terroristica di destra e di sinistra, il clamore suscitato dallo scandalo Lockheed esploso nell’estate. Il 1° aprile la Camera approva un emendamento, firmato da Arnaldo Forlani alla legge sull’aborto, che la limita ai casi di rischio di morte e violenza carnale. Psi e Pri protestano e invocano il ricorso al referendum. I precari equilibri precipitano. Il dialogo Moro- Berlinguer appena avviato s’interrompe. Il Psi punta alle elezioni, spera in un riequilibrio a sinistra a suo favore. Per le resistenze dc, fallisce il tentativo di Zaccagnini di un incontro fra tutti i partiti dell’arco costituzionale. Un appuntamento mancato. Il 30 aprile le dimissioni di Moro. Si scioglie il Parlamento. L’epoca del centrosinistra e delle sue varianti è conclusa. La partecipazione del Pci alla maggioranza è al centro dello scontro elettorale. L’effetto sarà la polarizzazione del voto sui due principali partiti. La Dc con il 38,8% resta il primo partito. Ha scongiurato il tanto temuto sorpasso da parte del Pci, l’incubo che ha vissuto a partire dalle amministrative. Un successo travolgente per il Pci. Titola a caratteri cubitali l’«Unità»: Nuova impetuosa avanzata del Pci.9 Aumenta di un punto e mezzo rispetto al già eccezionale voto del 1975, il 7,3 % rispetto alle politiche del 1972, tocca il 34,4%, il suo massimo storico. Ha conquistato giovani, ceti medi, operai, generazioni e culture diverse. Vince in tutte le grandi città. Uno splendido risultato a Roma dove si è votato anche per il rinnovo del consiglio comunale, il 35,4% dieci punti in più rispetto al voto amministrativo del 1971. Il cartello di Democrazia proletaria faticosamente formato dal Partito di unità proletaria, Avanguardia operaia e Lotta continua si ferma all’1,5%, superato fortunosamente il quorum, riesce a eleggere una pattuglia di 6 deputati.10 Un magro risultato. Per la prima volta in Parlamento i radicali. Il Partito socialista scende al 9,6%. Crollano gli alleati della Dc: i socialdemocratici si fermano al 3,4%, i liberali faticano a raggiungere l’1,3%. Un leggero incremento per il Partito repubblicano. Il Msi arretra al 6,1%, perdendo il 2, 6% rispetto all’avanzata del 1972. Una sconfitta che farà da detonatore alla crisi già atto e porterà, a dicembre, alla scissione di Democrazia nazionale. Dc e Pci insieme raggiungono il 70% dei voti. «I due vincitori» affermerà Moro. Il «bipolarismo imperfetto» di cui già nel 1965 ha scritto il politologo Giorgio Galli trova la sua massima espressione.11 La Dc che governa dal 1948 e il Pci condannato all’opposizione in omaggio ai vincoli internazionali. Nella sua, ancor breve, storia repubblicana l’Italia non conosce l’alternanza che caratterizza i sistemi politici dell’Occidente.
Quale governo?
Il Parlamento appare ingovernabile. Il «Corriere» si domanda Si potrà governare? e ancora La Dc guiderà il nuovo governo, ma non si sa a quali condizioni. «Stampasera»: Che governo con questi seggi? Eugenio Scalfari: «Quale governo in un paese dove le due maggiori forze politiche, Dc e Pci, totalizzano il 73 per cento dei voti, in un Parlamento dove le due aree del centro e della sinistra si fronteggiano col 47 per cento ciascuna, e dove le condizioni che ciascun partito pone non sono accettate dagli altri ?», un ragionamento da cui Scalfari, come ha dichiarato elettore socialista, trae la conseguenza che spetti al Psi fare la prima mossa, indicare un programma, che non può essere gestito «con l’inimicizia del Pci», e i ministeri che ritiene indispensabili per la sua attuazione.12 Berlinguer parlando con i giornalisti ribadisce la strategia del Pci ma nessuna fretta di andare al governo: «Molti hanno interpretato le nostre proposte, durante la campagna elettorale, come ansia di partecipare al governo. E’ vero, l’abbiamo fatta questa proposta, nell’interesse del paese, ma in noi non c’è nessuna fretta. Vogliamo sentire quali proposte faranno gli altri partiti, in primo luogo la Dc e il Psi. Poi decideremo». Non nasconde le difficoltà nella formazione del nuovo esecutivo, chiede una soluzione rapida e che «possibilmente non sia precaria e non sia fragile».13 Zaccagnini invita il suo partito a «meditare e riflettere serenamente». Il Psi è sconvolto. Si dimette il vicesegretario Gaetano Mosca. Anche se la parola d’ordine è non drammatizzare, inizia la resa dei conti. Giacomo Mancini polemizza sulla mancata aggregazione nelle liste socialiste dei radicali, proposta che ha caldeggiato. Voti socialisti che, ritiene, si siano riversati sul partito di Marco Pannella. Frastornati i liberali, ormai sbriciolati, così i socialdemocratici. In crisi i rispettivi gruppi dirigenti. I commentatori si cimentano nel gioco delle previsioni. L’interrogativo è il ruolo del Pci . Il 23–24 giugno si riunisce la sua direzione. Una discussione interlocutoria. Tutti gli interventi concordano: il voto segna la fine della centralità della Dc.14 La risoluzione conclusiva rivendica «la partecipazione dell’insieme del movimento operaio e popolare alla direzione del paese», non si può prescindere dal Pci «pronto ad assumersi le responsabilità che derivano dal suo peso politico». Assegna alla Dc «l’onere di avanzare proposte serie e credibili che rispondano alle necessità del paese e alla situazione creatasi con le elezioni, caratterizzata da un così marcato spostamento a sinistra».15 In televisione Pannella si lancia in spericolate affermazioni anticomuniste: «In Italia c’è un falso governo e una falsa opposizione». Al quotidiano francese «Liberation»: «Il Pci è un partito corrotto non a livello morale o individuale dei compagni, ma a livello intellettuale, il Pcf è un partito sgradevole ma rimane un partito operaio, mentre il Pci è diretto dall’alta borghesia». Annunci della battaglia radicale contro l’ammucchiata Dc-Pci, messaggi lanciati alle nuove sinistre e alle forme inedite che assumerà l’anticomunismo.16 Il Pci rivendica le presidenze di una delle due Camere e delle commissioni parlamentari, pronto a entrare nel governo o far parte della maggioranza discutendo il programma e rimanendo all’opposizione. Un’avanzata a «foglio di carciofo» la definisce la «Stampa».17 Sullo stesso quotidiano lo storico inglese Denis Mack Smith diffida di una soluzione da compromesso storico che assimila all’antico trasformismo italiano: «Grazie al trasformismo i comunisti probabilmente si accosteranno al potere, ma tale manovra potrebbe portare a risultati un po’ strani (…) Se i comunisti parteciperanno al potere, anche se si riveleranno più moderati di quanto, molti osino sperare, non rischieranno di perdere la loro vitalità?». Per concludere che per il Pci sarebbe meglio un’opposizione che incalzi la Dc e la spinga al rinnovamento.18
Il vertice di Portorico.
L’Italia è sotto osservazione. Nel contesto internazionale preoccupa l’avanzata del più grande partito comunista dell’occidente. Da Washington il presidente americano Ford lancia la sua ipotesi sul futuro governo italiano: «una chiara maggioranza non fascista e non comunista è emersa dalle urne e con essa è stata protetta la condizione per una continuare un governo democratico».Vittorio Zucconi in sua corrispondenza riporta queste affermazioni di uno specialista di questione italiane del Dipartimento di stato americano: «Il futuro politico dell’Italia è oggi più che mai nelle mani dei socialisti. Sta a loro decidere se agire in una maniera responsabile o se continuare una politica che si è dimostrata disastrosa per la nazione e catastrofica per la loro posizione elettorale: Il destino dei liberali dovrebbero insegnare qualche cosa anche ai socialisti. Tra i vari insegnamenti che si possono ricavare dalle elezioni di ieri il più chiaro è che l’elettorato italiano può essere lento a reagire, ma a lungo termine non perdona». I commenti Usa molto insistono sul rinnovamento della Dc e sugli aiuti da concedere all’Italia. Il «New York Times» scrive: «I democristiani hanno oggi una chance, di dar luogo a quel rinnovamento nazionale di cui hanno tanto parlato e promesso. La più alta priorità per gli alleati, specialmente per gli Stati Uniti deve essere oggi aiutare in onorevole maniera, con assistenza e cooperazione economica gli italiani a trarre vantaggio dalla loro ultima chance». Alberto Cavallari in una corrispondenza da Parigi riporta una dichiarazione di Henry Kissinger: «Il problema essenziale non è cambiato tuttavia resta la possibilità di formare una coalizione di partiti democratici». Il calcolo di Kissinger è esatto, una maggioranza di centrosinistra avrebbe 11 voti di maggioranza, ma nessuna delle forze politiche italiane è nelle condizioni di riproporre una formula ormai logora.19 Il 27 giugno a Portorico si svolge il vertice dei paesi industrializzati. Il summit è stato fortemente voluto da Henry Kissinger, segretario di Stato degli Usa, per concordare le strategie continentali con i paesi europei. Fra i motivi che hanno spinto all’incontro la grave situazione economica in cui versa l’Italia. Per il governo italiano partecipano Moro ed Emilio Colombo, rispettivamente presidente del consiglio e ministro degli esteri del governo uscente. Si parla dell’ipotesi di prestiti internazionali all’Italia. Americani e tedeschi pongono le loro condizioni: politica dei redditi e controllo dell’inflazione, una diversa politica fiscale, ristrutturazione e riduzione della spesa pubblica.20 Nei giorni precedenti al Senato americano Kissinger aveva ribadito il timore di una presenza comunista al governo. Forti ostilità anche da parte di Francia e Repubblica federale Tedesca. Paventano ripercussioni nelle loro politiche nazionali. Per concordare una comune strategia nei confronti dell’Italia, ai margini del vertice si svolge una riunione tra Usa, Gran Bretagna, Repubblica federale tedesca e Francia. Assente il governo Italiano . Relaziona il cancelliere tedesco Helmut Schmidt che propone di condizionare la concessione di aiuti economici al nostro paese alla non partecipazione dei comunisti al governo e alla garanzia di un ricambio della classe dirigente della democrazia cristiana. Un accordo a quattro. Scettica la Gran Bretagna. Il funzionario inglese presente alla riunione commenterà al Foreign Office: «Non ho esperienza o conoscenza di una politica di tale ingerenza nel passato nei confronti di un paese altamente sviluppato e stretto alleato». La riunione resta segreta . Schmidt ne parlerà a luglio in visita in Italia, con molta probabilità preoccupato per le elezioni in Germania, ne ridimensionerà il significato e le sue conclusioni.21 In Italia la questione comunista è all’ordine del giorno. Solo col loro concorso sarà possibile affrontare la devastante crisi economico- sociale. Gianni Agnelli, in procinto di lasciare la guida della Confindustria, si augura che si possano realizzare «intese» e «un programma d’urgenza che trovi un largo sostegno politico». Intervistato dal «Corriere», ribadisce: «Ai comunisti bisogna chiedere che rinuncino, nelle circostanze attuali, far parte del governo. Oggi come oggi questa partecipazione sarebbe impossibile per ragioni di carattere interno e di carattere internazionale. E agli altri bisogna chiedere che discutano con i comunisti il piano di emergenza. Non ci sono alternative». Dal comitato centrale comunista la conferma della linea seguita nella campagna elettorale. Chiaromonte rivendica la fine di ogni pregiudiziale nei confronti del Pci e l’avvio di nuovi rapporti fra le forze democratiche. E’ questo – afferma nella sua relazione il nodo principale della democrazia italiana. Un governo basato sul più ampio consenso. Berlinguer resta prudente, non preme per la partecipazione al governo. Per Amendola: il voto «impone di continuare una politica di severità per dare una base solida alla ripresa dell’economia italiana e che non voglia essere precaria e legata alla continuazione della svalutazione». Napolitano parla di programma d’emergenza.22 Il 2 luglio la direzione del Pci formalizza la richiesta della presidenza di una delle due Camere.23
Nei suoi «Diari», alla data del 3 luglio, Andreotti annota: «Oggi Zaccagnini ha preso l’iniziativa di una riunione di tutti i partiti del cosiddetto arco costituzionale, tagliando corto ai suggerimenti di incomunicabilità con i comunisti. E’ vero che si mette l’accento sul carattere istituzionale dell’incontro quasi non si trattasse di un fatto politico. Ma è una bella pretesa catalogare come “tecnica” una bozza d’accordo che vede la sostituzione di Sandro Pertini alla presidenza della Camera con il comunista Pietro Ingrao».24 Il 5 luglio s’insedia la VII legislatura. Alla Camera, nonostante il divieto dei regolamenti, Pannella chiede di intervenire per discutere la candidatura alla presidenza. Al rifiuto di Nilde Iotti, presidente di turno, platealmente i radicali abbandonano l’aula. In piazza i loro militanti inscenano una manifestazione. Alla lettura della 420 scheda dai deputati della sinistra un lungo applauso, Ingrao ha raggiunto il quorum previsto, alle 18, 34 è eletto con 488 voti a favore, 117 schede bianche e 8 voti dispersi. Per la prima volta un comunista. Non era mai accaduto. L’indomani titolo a tutta pagina dell’«Unità» : Aperta con un significativo atto unitario la settima legislatura Il compagno Ingrao presidente della Camera.25 Al Senato è eletto Fanfani 270 voti, 42 bianche, una nulla. Il «Popolo» commenta positivamente le due elezioni avvertendo che il metodo seguito, valido sul piano istituzionale, «non sembra meccanicamente trasferibile, con uguali risultati, nel contesto di una trattativa di governo che ne potrebbe risultare snaturata, aprendo la strada a sperimentazioni non produttive e politicamente confuse e rischiose». Riserve contestate da Emanuele Macaluso che, riproponendo la validità del metodo, ribatte: nessun rinnovamento è possibile senza il Pci.26 Ingrao nel discorso d’insediamento tratteggia il contesto in cui si è realizzata la sua elezione: «Questa legislatura si apre in un momento grave. Tutte le cose attorno a noi sottolineano l’urgenza di procedere a un profondo rinnovamento della vita economica e dell’apparato produttivo, indispensabile per ridurre il flagello dell’inflazione, per aprire una possibilità di lavoro qualificato per milioni di giovani e di donne, oggi senza prospettiva, per restituire forza prestigio e stabilità all’Italia nell’economia mondiale e nel tormentato orizzonte internazionale. Ciò domanderà grande rigore e giustizia nelle scelte che compirete, severità nel costume politico, intelligenza innovativa e respiro democratico nella mobilitazione delle energie creative di grandi masse umane, chiamate a portare il paese fuori della pesante crisi che lo percuote». Sottolinea la novità del voto che lo porta a presiedere l’Assemblea: «Permettetemi – afferma rivolto ai deputati – al di là di ogni valutazione di parte di cogliere nella larghezza e nella varietà dei consensi che hanno portato alla mia elezione un segnale: il segno che sta avanzando fra le forze politiche l’esigenza di un rapporto nuovo, che – mantenendo a ciascuna di esse la sua fisionomia – porti ad un rinvigorimento e ad un arricchimento delle istituzioni democratiche». In questo quadro la centralità che assegna al Parlamento.27 Dopo tre anni Amintore Fanfani torna alla presidenza del Senato. Breve ma chiaro, nel suo discorso, il passaggio sul voto del 20 giugno: nessun «confuso assemblearismo» ma ricerca «della identificazione di una maggioranza democratica, la quale nel confronto con le distinte forze dell’opposizione, perfezioni l’interpretazione più valida delle attese del popolo, le decisioni più appropriate a realizzare nella libertà tutti i rinnovamenti necessari». Anche l’anziano leader democristiano, il protagonista della battaglia contro il divorzio, sembra prendere atto delle novità intervenute.28 L’incarico ad Andreotti
Moro ha ben presenti le resistenze interne al suo partito. Non vuole e non può gestire direttamente la nuova fase politica. Anzi per garantire l’unità della Dc tende a depotenziare la collaborazione col Pci da ogni significato strategico, ridurla all’emergenza e necessitata dai rapporti di forza scaturiti dal voto. Il 7 luglio s’incontra con Andreotti che definisce il colloquio «franco e chiarificatore» e, rispetto alla formazione del governo, annota: «è indispensabile – ritiene Moro – coinvolgere in qualche maniera i comunisti, anche perché i socialisti ne faranno una condicio sine qua non: è questo momento deve essere gestito (…) da uno come me che non susciti interpretazioni equivoche all’interno e all’estero».29 A Roma, il 10 luglio, il gruppo terrorista di destra Ordine Nuovo uccide il sostituto procuratore Vittorio Occorsio che si occupava di inchieste su fascisti, fisco e sequestri. 30 Il 12 luglio iniziano le consultazioni del presidente della Repubblica Giovanni Leone. Dopo le cariche istituzionali, è la volta dei partiti. Apre la serie il Pci. La dichiarazione di Berlinguer, dopo il colloquio, è esplicita: «Il Partito comunista è pronto a partecipare a ogni confronto utile al fine di realizzare un accordo per dar vita a una maggioranza e a un governo di solidarietà nazionale».31 I direttivi parlamentari della Dc convergono sull’indicazione di Andreotti, alle ore 20 del 13 luglio l’incarico. Quasi contestualmente si sta consumando la crisi del Psi, con le dimissioni di De Martino e di tutta la direzione . Nelle prime dichiarazioni del presidente incaricato nessun riferimento a formule e contenuti politici. Sui giornali intanto fanno scalpore le rivelazioni di Schmidt sul vertice segreto di Portorico. Andreotti, diplomaticamente scrive: «Io credo che non dobbiamo mostrarci isterici né permalosi. Avremo tempo di spiegare al cancelliere la situazione e chiedergli consigli. Oggi egli rappresenta il Paese al quale abbiamo dovuto portare in pegno l’oro della nostra moneta per garantire gi ultimi prestiti. Non possiamo risentirci perché si occupa di ciò che accade da noi…debitori. Con fermezza mi oppongo ad ogni presa di posizione pubblica in polemica con Bonn».32 Sul piano interno restano precarie le prospettive , un contesto non facile per una Dc che ha fagocitato i suoi alleati di sempre, e un Psi che , dilaniato dalle lotte correntizie e dal peso della sconfitta subito, sta per arrivare ad una incerta resa dei conti. Il presidente incaricato scruta l’orizzonte politico. Le dichiarazioni dei partiti offrono i primi orientamenti. Il socialista Paolo Vittorelli, già da alcuni giorni, ha ipotizzato un accordo programmatico tra i partiti dell’arco costituzionale, precisando che di fronte al rifiuto dc di un’intesa comprendente anche il Pci, il Psi non sarebbe entrato in nessuna maggioranza. L’esponente socialista ha suggerito anche il percorso: incontro collegiale a sei, la stipula di un accordo programmatico e la formazione di un governo d’emergenza. Per i socialdemocratici Saragat sostiene la necessità di una politica che «tenendo conto dell’evoluzione del Pci, favorisca una corresponsabilizzazione di tutte le forze popolari», non esclude un centrosinistra con astensione comunista. Aperti al dialogo con il Pci i repubblicani. Gianni Agnelli insiste : piano d’emergenza con il consenso comunista, per l’avvocato non si può fare nulla senza coinvolgerli anche se non al governo. Per il padronato , in questa fase «emergenza» significa patto sociale, riduzione della conflittualità. Risolvere problemi come il costo del lavoro, la produttività, la ristrutturazione industriale. Ma non solo, la fiducia nella classe dirigente della Dc e dei partiti della vecchia maggioranza è venuta meno. Il pungolo comunista, magari tenuto un po’ a bada, può servire.
Craxi segretario
Al Midas, nella sala «Splendore» il pomeriggio di lunedì 12 luglio si aprono i lavori del comitato centrale del Psi. Il nome dell’albergo romano, situato sulla via Aurelia, nella cronaca politica diverrà sinonimo di congiure, complotti, parricidi. Quattro giorni di dibattito.33 Colpi di scena. Conciliabili. Si sfaldano le vecchie correnti, nascono nuove alleanze ed equilibri interni. Nel breve discorso d’apertura Pietro Nenni sintetizza il clima che circonda l’appuntamento: «un’atmosfera di estrema tensione. Batte alla porta del comitato centrale un’ondata di risentimento e di preoccupazione». Il deludente risultato elettorale è precipitato sui malesseri già denunciati e non risolti alla conferenza d’organizzazione di Firenze del 1975. L’esasperato correntismo, i personalismi, la molteplicità di orientamenti politici. La relazione di De Martino ripercorre la storia recente del Psi e cerca di interpretare le ragioni della sconfitta a partire dalla scelta di provocare la crisi. Iniziativa che ritiene abbia favorito la polarizzazione del voto sul Pci e sulla Dc. Molto critico e autocritico sul partito. Denuncia la confusione delle proposte che si sono accavallate nella condotta del Psi in campagna elettorale. La proposta del governo d’emergenza «si è mescolata con la scelta dell'alternativa socialista o con l’alternativa di sinistra per non parlare di escogitazioni apparse nell’ultima settimana, come quella del monocolore socialista». Una confusione che «non ha giovato all’attendibilità della posizione socialista». Respinge l’idea di un Psi semplice osservatore di fronte alle scelte della Dc e del Pci. Il partito: «non può abdicare alla sua iniziativa politica (…) deve superare la crisi in primo luogo con la politica». Dopo il voto è possibile concordare fra le forze democratiche un programma, di conseguenza «non avrebbe nessuna giustificazione la tesi democristiana di una distinzione dei ruoli, e della mancata soluzione della crisi di governo si assumerebbero tutte le responsabilità chi volesse continuare ad insistere sulle pregiudiziali». Dunque un governo senza preclusioni a sinistra. Non rinuncia all’alternativa ma riconosce che non è a portata di mano e occorre «procedere per tappe e fasi intermedie». De Martino è realista e insieme possibilista rispetto alla crisi. «Sarebbe errato – afferma - trarre dal voto la conseguenza che il Psi debba rendere più intransigente la sua strategia considerando inammissibile ogni accordo con la Dc anche se ad esso non partecipi il Pci. Allo stesso tempo sarebbe un male pensare alla possibilità di accordi con la Dc solo in base ad un impegno comune di tutta la sinistra». Considera importante la collaborazione con i partiti intermedi ma non crede in un Psi perno di un’ipotetica Terza forza e contesta l’idea di una sua dissoluzione in un’indistinta area socialista. Severo il giudizio sullo stato del partito. Chiede unità e di procedere allo scioglimento delle correnti, come già deciso alla conferenza d’organizzazione di Firenze. Conclude: «Se il comitato centrale me lo chiede sono pronto ad andarmene». Una frase che sembra rituale a fronte della difesa fatta della decisione di non presentare dimissionaria l’intera direzione, come da molti era stato richiesto. Il primo giorno si chiude con gli applausi a una relazione che non ha convinto non tanto nella parte politica quanto nelle conclusioni pratiche e organizzative. C’è voglia di cambiamento. Premono i quarantenni, ormai i motori di un partito in disfacimento. «Via ai capi storici» griderà la platea al termine dei lavori del comitato centrale. Un via che anche via alle faide storiche dei De Martino, Mancini, Lombardi . Martedì 13, tutti i gruppi firmano un documento di scioglimento delle correnti. Resta segreta la lettera di dimissioni dell’intera sinistra. De Martino si reca al Quirinale per le consultazioni. Al rientro la decisione di dimettersi. Gli sono giunti gli echi dei malesseri e della crisi della sua stessa corrente. I lavori sono sospesi. Si riunisce la direzione. Poco prima a titolo personale si è dimesso Antonio Giolitti . Una candidatura vista con speranza dai sindacalisti socialisti e dagli intellettuali di «MondOperaio». Numerosi giornalisti, fra cui Fausto De Luca di «Repubblica», Gianpaolo Pansa dell’«Espresso», Gaetano Scardocchia, Vittorio Emiliani del «Messaggero» sono pronti a garantirgli attenzione e sostegno.34 Il comitato centrale è aggiornato al pomeriggio. Nonostante la proposta di Sandro Pertini di affrontare solo le questioni di assetto prosegue il dibattito politico. Si formano due commissioni: l’elettorale e la politica. I commentatori si chiedono quale aggregazione si formerà, quale segretario circolano i nomi di Giolitti e Bettino Craxi, nonché la rielezione di De Martino. Giolitti muove una forte critica alla conduzione del partito. Sul governo propone una linea di attesa, decidano i due principali partiti. Chi non accetta il compromesso non «ha il diritto di chiedere il suicidio del Psi». Rispetto agli organigrammi il dibattito politico passa in secondo piano. Mercoledì 14, terza giornata. Incerta una nuova candidatura. Craxi incontra l’ostilità della sinistra; Giolitti quella dei manciniani. In una difficile riunione notturna «Riscossa», il gruppo demartiniano, decide di subordinare l’assetto del gruppo dirigente al documento politico, quindi confermare la candidatura di De Martino sollecitando il concorso delle altre correnti. De Martino è assente, è tornato a Napoli. Eugenio Manca, a nome del gruppo, prende contatti con le varie correnti. Decisa l’opposizione al segretario uscente di Claudio Signorile e di Mancini. Rientrato da Napoli De Martino, s’incontra con la sua corrente, lascia al gruppo la facoltà di decidere dopo aver discusso il documento politico. Nella commissione politica è scontro. Due documenti, quello dei demartiniani e quello degli autonomisti. Non divergono sulle considerazioni politiche ma sulla richiesta, da avanzare al comitato centrale, di pronunciarsi sulla candidatura del segretario. La commissione elettorale decide per lo scrutinio segreto: fissa a 31 i membri dell’organismo, di cui non più del 60% di parlamentari. Silvano Labriola, nella riunione di Riscossa, propone di chiedere al comitato centrale un voto esplicito sulla relazione. Si vota: 8 voti a favore, 39 contrari. Per i manciniani una sconfessione della relazione. I demartiniani hanno abbandonato il loro leader. Giovedì 15,De Martino rinuncia a ricandidarsi. La sinistra lombardiana punta al ricambio. Resta divisa sul nome. Nel pomeriggio De Martino dichiara: «Voterò a favore del documento perché si riallaccia alla linea finora portata avanti. Prego i compagni di non votare il mio nome alla direzione del partito». Si vota sul documento. Vittorelli lo considera conforme alla relazione. Non così Riccardo Lombardi per la sinistra, Antonio Landolfi per i manciniani, Loris Fortuna per gli autonomisti. Si vota la nuova direzione. Gli autonomisti passano da 5 a 3, restano in 7 i manciniani, l’ex gruppo De Martino passa da 15 a 12, restano in 6 gli esponenti della sinistra, entrano Giolitti e Bertoldi, Nevol Querci. Non ci sono innovazioni nei nomi. Esclusi De Martino, Lelio Labriola, Federico Coen il direttore di «Mondoperaio». La notte tra il 15 e il 16 luglio Bettino Craxi, silenzioso nel dibattito, è eletto segretario con 23 voti a favore, demartiniani, manciniani, nenniani. Decisivo il ruolo di Mancini sostenitore della tesi della centralità socialista fra Dc e Pci. Otto gli astenuti: Giolitti, Bertoldi, demartiniani, e tutta la sinistra. Vicesegretario dal 1972, già all’ultimo congresso era evidente la sua candidatura. Quarantadue anni, a fianco di Nenni nell’unificazione socialdemocratica con il Psdi e della successiva scissione nel 1969. Assessore al comune di Milano a 26 anni, eletto parlamentare nel 1968. Da allora suo quartier generale l’Hotel Raphael dell’amico, ex comunista, Spartaco Vannoni. Acido il corsivo di Fortebraccio sull’Unità che definisce il neosegretario: Nihil, il signor nessuno. Fausto De Luca su «Repubblica», il giorno dopo l’elezione lo presenta come Un tedesco del Psi che non ama il Pci: «per il suo gusto dell’efficienza nel lavoro, ma anche per una certa durezza di temperamento mal celata dalle relazioni esterne, da un fare avvolgente che ha qualche affinità con i modi di Giacomo Mancini, suo grande elettore nella complicata vicenda del comitato centrale. Ma di tedesco c’è in lui soprattutto l’ammirazione per la socialdemocrazia tedesca di Willy Brandt, oltre che per quella svedese di Olaf Palme, che nella sua stima prevalgono nettamente sul socialismo di Francois Mitterand» Intervistato dal giornalista Craxi afferma «Il Psi non è alle prese con ricambi generazionali o di riassestamento, ma con il problema della sua sopravvivenza».35 E’ il primum vivere dei primi anni della sua segreteria. Per il Psi iniziano gli anni di Craxi, dal 1976 al 1993, una parabola, dal grande protagonismo alla fine scomparsa di una forza storica della sinistra. Signorile rassicura i dirigenti del Pci: «si tratta di un passaggio provvisorio, controllato dalla sinistra»36. «Berlinguer sembra avere altre informazioni. La sua impressione è che il Psi si prepari a tornare fra le braccia dei democristiani e a rifare il centrosinistra» scrive, invece, Chiara Valentini nella sua biografia del leader comunista.37
La "non sfiducia"
A metà luglio non si vedono prospettive. Il 16 luglio Andreotti scrive: «Ho trovato in tutti i partiti, a cominciare dal mio, buona propensione ad aiutare il mio sforzo ma in pratica non c’è modo di dar vita ad una maggioranza. Almeno socialisti e socialdemocratici non marceranno se i comunisti restano sulla negativa. I comunisti, da parte loro, insistono per un governo d’emergenza a larga base democratica, e lasciano capir fra le righe di potersi astenere nel voto di fiducia soltanto se questo apporto determinante venga loro chiesto esplicitamente. La Dc è contro il “governone” ed esige che gli altri partiti, comunisti compresi, assumano decisioni autonome sulla base di un programma che spetta a me redigere e presentare. In qualche modo mi sembra il classico gioco del cerino. L’atteggiamento dei comunisti è il nodo centrale della questione».38 Intanto il congresso radicale si pronuncia per un avvicinamento al Psi. Berlinguer teme che si punti a un nuovo centro-sinistra, preoccupazione che illustra in direzione: occorre anticipare il Psi.39 Andreotti nell’incontro con i sindacati assicura che predisporrà un dettagliato «scadenzario» d’impegni. Il 22 inizia il secondo giro di consultazione con i partiti e illustra le Linee programmatiche dell’esecutivo cui intende dar vita.40 Nei corridoi della politica si sussurra che si presenterà in Parlamento senza un accordo predefinito. La Dc continua a lanciare messaggi agli alleati. Giuseppe Saragat smentisce la disponibilità socialdemocratica a un monocolore democristiano. Berlinguer con i giornalisti rimanda ogni decisione alla direzione. Alla domanda su una possibile astensione risponde: «nessuno ha l’astensione comunista in tasca. E l’astensione comunista non è un fatto che può essere considerato deciso».41 Psdi e Pri si pronunciano per l’astensione. Il Psi continua a chiedere chiarimenti. Berlinguer nell’incontro con Craxi ha sondato la possibilità di una differenziazione del voto fra Psi e Pci. In sostanza una partecipazione socialista e un’astensione del Pci. Per il neosegretario una scelta impossibile dopo la sconfitta del 20 giugno. Vittorino Colombo sulla «Stampa», si fa interprete delle resistenze democristiane affermando che nel caso l’astensione comunista risultasse determinante Andreotti si dovrebbe dimettere. Non è l’unico, sulla stessa posizione dirigenti storici come Carlo Donat Cattin e Giuseppe Bartolomei fiancheggiati da Massimo De Carolis, Rossi di Montelera, leader del «Gruppo dei cento» e decisi avversari di ogni dialogo con il Pci. Nella direzione comunista del 23 luglio avanza la possibilità dell’astensione. Berlinguer considera i pronunciamenti di Andreotti «un’apertura, anche se tortuosa, con aspetti incerti e contraddittori ; è una svolta nei rapporti tra i partiti e soprattutto con la Dc». Nel corso della riunione afferma: «Noi concretizziamo la formula di Togliatti (1963): “ Il Pci deve entrare in un’area di governo”». Dissente Luigi Longo, da sempre contrario al compromesso storico, dubbioso Giancarlo Pajetta. Per Aldo Tortorella una scelta «obbligata», per Gerardo Chiaromonte «abbastanza obbligata». D’Accordo Giorgio Napolitano e Alessandro Natta a cui si deve l’idea dell’astensione, «non sfiducia».42 La riunione non si conclude, rinviata la decisione definitiva . Appare chiaro che la Dc non può contare su una maggioranza precostituita. I giornali commentano: niente governo senza accordo con i comunisti. La Dc è stretta fra l’impossibilità di una maggioranza e la preclusione verso il Pci. Alla vigilia della direzione dc, Natta in un’intervista all’«Unità» del 25 luglio afferma che il partito, nell’interesse del paese, giudicherà il governo sulla base della sua composizione e sul programma. Anche se non dichiarata è la conferma della disponibilità all’astensione.43 Per «Repubblica» il pronunciamento del capogruppo comunista è «un colpo d’acceleratore al chiarimento politico». Il «Corriere»: non vi sono alternative a un monocolore che passi per l’astensione, ora «Andreotti acceleri i tempi». Il 27 si vota per i presidenti delle Commissioni di Camera e Senato. Nessuna preclusione verso il Pci a cui sono attribuite 7 presidenze. Alla Camera: Trasporti (Lucio Libertini), Affari costituzionali (Nilde Iotti), Finanze e Tesoro (Giuseppe D’Alema), Bilancio e programmazione (Napoleone Colajanni). Al Senato: Agricoltura (Emanuele Macaluso) e Giunta per le autorizzazione a procedere (Mario Venanzi), una presidenza alla Sinistra indipendente Sanità (Adriano Ossicini). L’«Unità»: Caduta un’altra barriera. A mezzanotte dello stesso giorno si conclude la direzione democristiana. Zaccagnini e Andreotti hanno riferito sulle consultazioni. Zaccagnini ha fatto leva su tre punti: l’impossibilità di una maggioranza, il consenso ottenuto da Andreotti, la forza del Pci con cui occorre fare i conti. «La ipotesi del monocolore – ha affermato - non è stata da noi proposta, né tantomeno caldeggiata. Abbiamo manifestato una nostra precisa preferenza per un governo in cui fossero direttamente corresponsabilizzate in posizione di parità le forze democratiche di ispirazione laica e socialista». Di fronte ai loro rifiuti, si deve prendere atto che il programma proposto non può poggiare su una coalizione di partiti e a una maggioranza parlamentare. Una situazione in cui la Dc sarebbe stata legittimata ad abbandonare il suo tentativo solo nel caso che il monocolore fosse dipeso da una sua chiusura nei confronti dei partiti con i quali aveva collaborato nel passato oppure fosse emersa una maggioranza parlamentare alternativa. Ma: «La prima ipotesi è infondata, la seconda non è stata avanzata». Quadro politico e stato di necessità concorrono al pronunciamento a favore di un governo delle astensioni. Argomenti che convincono Fanfani, sia pure con qualche riserva Carlo Donat Cattin e i più restii al dialogo col Pci. «Un gesto coraggioso e di autonoma assunzione di responsabilità», scrive il «Popolo».44 Alle 21, 30 del 29 luglio il Quirinale comunica la lista dei ministri presentata da Andreotti. Giorgio Galli nella sua «Storia della Dc» scrive: «Il suo modello sembra essere il De Gasperi che mette insieme notabili di partito (Forlani agli Esteri, Cossiga agli interni, Lattanzio alla Difesa) con qualche nome nuovo (Pandolfi alle Finanze, Tina Anselmi al Lavoro) e qualche “tecnico” conservatore (Stammati al Tesoro, Ossola della Banca d’Italia al Commercio estero)»45. Non riconfermato Romano Prodi. Se si esclude l’immissione di Tina Anselmi, prima donna ministro, non è certo una bella squadra, non piace neppure al Pci ma il partito di Berlinguer privilegia il passaggio di fase, come titola l’editoriale dell’«Unità» a firma di Claudio Petruccioli, la Fine di un monopolio. Severo il giudizio di Scalfari che attacca i progressivi cedimenti della sinistra di fronte ai tanti rifiuti Dc: no a un governo di coalizione, no a un monocolore Dc sorretto da una maggioranza debitamente ufficializzata, no alla riunione collegiale per il programma, no a un invito pubblico ad astenersi alla sinistra. Con la memoria torna al centro- sinistra, prevedendo per il Pci la stessa sorte del Psi in quella stagione politica.46 I comunisti decideranno dopo le dichiarazioni di Andreotti, così nell’articolo Le nostre responsabilità, di Gerardo Chiaromonte che appare sull’«Unità» del 1° agosto 1976. Una precisazione formale, di fatto la posizione comunista è già stata presa. La direzione si pronuncia per l’astensione. Ricostruzioni e testimonianze sembrano confermare una sostanziale unità del gruppo dirigente anche se accanto alla scontata opposizione di Longo non mancano sfumature e accenti diversi. Pajetta, in un primo momento diffidente, rivede in parte la sua posizione, Umberto Terracini precisa «Sono per l’astensione perché astenendosi diciamo: “ fai vedere quel che vuoi fare”».47 Nel corso del triennio e negli anni successivi appariranno più chiare le differenze. Comune, in quelle ore, la consapevolezza di una prova ardua e rischiosa. Colpisce che non si avverta l’esigenza di una discussione nel comitato centrale e un pieno coinvolgimento degli iscritti. Le conseguenze si avvertiranno. «Come definire questo governo ? – si domanda Andreotti - Chiamarlo “delle elezioni” era piatto, “ della “non belligeranza” ricordava l’illusione di pace nel 39-40 . fu il mio consigliere economico Capuggi a trovare una etichetta brillante: eravamo il governo della “non sfiducia”».48 Il 4 agosto, prima al Senato, poi a Montecitorio, le dichiarazioni programmatiche: 80 cartelle, un fitto elenco di scadenze. Andreotti chiede la fiducia o «almeno la non sfiducia» a un monocolore necessitato «per evitare l’ulteriore protrarsi della già troppo lunga interruzione nella regolare attività del Parlamento». Un governo che si caratterizza per gli impegni che assume e dovrà essere giudicato per il rispetto delle scadenze. Evita ogni riferimento diretto al Pci e agli altri partiti. Ricordando gli anni della ricostruzione, sollecita la collaborazione delle forze democratiche Un richiamo simbolico a una prospettiva possibile: riprendere il dialogo interrotto dopo la traumatica rottura del 1948.49 Nel tardo pomeriggio si riunisce la direzione del Pci, poi è la volta dei gruppi parlamentari. Al Senato riferisce Paolo Bufalini, alla Camera Natta. Il giorno dopo l’«Unità», a tutta pagina, Il Pci ha deciso di astenersi dopo l’esposizione di Andreotti, l’editoriale Scadenze e silenzi sottolinea le lacune del discorso di Andreotti.50 Il 5 inizia la discussione al Senato. La riunione dei senatori democristiani è agitata. Zaccagnini motiva: «un governo dell’attualità (…) espressione della presa d’atto della Dc di una situazione completamente nuova scaturita dal voto del 20 giugno». Aperti alla collaborazione con il Pci i repubblicani. Dal «manifesto» una dura critica alla scelta comunista, un cedimento, una «sconfitta» del movimento operaio e aggiunge subito dopo «noi non cediamo, non molliamo». Per l’«Unità» l’incapacità del quotidiano di interpretare il nuovo e di estraneità dalle vicende del paese .51 Una frattura a sinistra che peserà nel triennio. Nel dibattito Adriano Ossicini, della Sinistra indipendente, rileva l’ambiguità della non sfiducia, una formula aperta a una nuova stagione politica ma che può nascondere la tentazione di guadagnare tempo per riproporre vecchi equilibri. Per il capogruppo comunista Edoardo Perna: astensione ma «nessuna delega», evidente il carattere di transizione del monocolore dc ma, si domanda, verso dove? Per i socialisti prende la parola Pietro Nenni. Motiva l’astensione come un «servizio al paese» che ha penalizzato il Psi per «aver sollecitato l’anticipo delle elezioni». Conferma la fine del vecchio centrosinistra, nei confronti del governo monocolore «nessuna cambiale in bianco». Respinge con forza ogni pressione americana o di altri Stati sulla situazione nazionale. Egidio Ariosto dei socialdemocratici lamenta che l’inserimento dei comunisti non sia avvenuto «in modo chiaro». Per Giovanni Spadolini uno sbocco obbligato: «Non ci possiamo pronunciare (…) sugli schieramenti passati che non esistono più accettiamo pure questa malinconica registrazione notarile di decesso (…) travolti da troppi errori e da troppe intemperanze; ma neanche ci possiamo pronunciare sui possibili schieramenti del futuro che non si delineano neanche all’orizzonte» ora il confronto è sulle cose. I liberali rimpiangono il Pci all’opposizione, non vogliono avallare il ritorno del Pci nell’area di governo, tuttavia non intendono intralciare la formazione del monocolore. Molti distinguo dal capogruppo democristiano Bartolomei, insiste sulle differenze ideologiche fra Dc e Pci, esprime diffidenze sulla democraticità dei comunisti e preoccupazioni sui loro rapporti internazionali. Per ora un dialogo imposto dalla necessità a cui si accompagna l’orgogliosa riconferma del ruolo centrare del partito che rappresenta. Al Senato, il 6 agosto, passa l’astensione. Scrive Carlo Casalegno sulla «Stampa»: «La svolta rappresentata dal terzo ministero Andreotti non consiste in una interpretazione nuova della carta Costituzionale, ma nella rinuncia dichiarata all’isolamento del Pci e nella caduta della vecchia frontiera fra maggioranza e opposizione di sinistra. Nessuna sottigliezza può cancellare il fatto che l’astensione dei comunisti, in entrambe le Camere é determinante perché il governo nasca e sopravviva».52 Per il «Messaggero» è il «segno che i tempi sono cambiati». Per Rossana Rossanda: «Il partito comunista regala l’astensione senza neppure avere il governo d’emergenza. Vara un governo della Democrazia cristiana, gratis».53 Scalfari, Che ne pensa Berlinguer.54 Luca Pavolini replica alle critiche di rassegnazione: per il Pci l’impegno è sui problemi.55. Domenica 8 agosto, l’«Unità»: Situazione nuova, nel rapporto tra governo e Parlamento si riflettono i mutamenti politici introdotti dal voto del 20 giugno. Lo stesso giorno comunica che il Pci, a partire da quella data, conta 23.501 nuovi iscritti. In totale i tesserati hanno raggiunto 1.802.750 pari al 104,18 % rispetto agli iscritti dell’anno precedente. Il 9 agosto Carlo Giulio Argan, storico dell’arte eletto come indipendente nella lista del Pci, è il nuovo sindaco di Roma. Dopo Nathan il primo sindaco laico nella capitale. Il popolo comunista è in tripudio. Alla Camera inizia il dibattito sulla «non fiducia». Il primo a intervenire è Almirante che attacca duramente Andreotti e spiega quella che la stampa ha definito la «manovra» del Msi. Nessun sotterfugio, un preciso atto politico. Svelare la scelta compiuta dalla Dc. Lucio Magri, per il nuovo gruppo parlamentare di Democrazia proletaria, esordisce: «Parlo a nome di un gruppo assai piccolo – appena sei deputati su 630 – e allo stesso tempo, paradossalmente come leader, o uno dei leaders, dell’opposizione». Insieme alla critica alla Dc contesta il compromesso storico e la torsione che sta assumendo la strategia berlingueriana. Nessuna svolta ma solo continuità col passato. Nel monocolore targato Dc assente ogni «qualificazione politica» dell’intesa raggiunta. Denuncia il silenzio andreottiano teso a sminuire la portata dell’evento. Rilancia la proposta dell’alternativa di sinistra. Non una prospettiva immediata e che non si «riduce al problema del governo centrale o al 51 %» ma «è lo sbocco di una lotta dura, lunga e tenace che implica la crescita di un nuovo tipo di movimento di massa, non solo rivendicativo ma portatore di una nuova egemonia. Si tratta di una ristrutturazione profonda del tessuto politico». L’opposizione che annuncia vuole far leva sulla ripresa della conflittualità sociale non come «rivendicazionismo confuso, quanto in rapporto a unificati obiettivi di politica economica cui qui in Parlamento cercheremo di far riferimento».56 Se Magri, nonostante la polemica, mantiene aperta la prospettiva di un dialogo a sinistra Mimmo Pinto, espressione dei disoccupati organizzati di Napoli, in sintonia con quanto si sta discutendo in Lotta Continua esclude ogni rapporto. Il nemico è la partitocrazia, l’abbraccio Dc- Pci. Pannella si domanda se «si asterrà anche quella parte del paese per cui la crisi morale, la crisi sociale, la strage di “ legalità” che caratterizza il nostro paese da anni e da decenni, si traducono in sofferenza senza speranza. Se si asterrà dalla rivolta, se si asterrà dal giudicarci tutti insieme come unici attori o attori solidali di un’unica scena politica che potrebbe in qualche momento avere accenti di vaudeville o da operetta e rischia forse invece di rivolgersi in tragedia». Un annuncio della battaglia aspra che condurranno i radicali contro il compromesso storico, la grande «ammucchiata», il patto consociativo, il «regime» Dc e Pci. Craxi aderisce alla logica della non fiducia. Non vede alternative. Considera il monocolore «inadeguato», «atipico», fondato sul «congegno delle astensioni parallele», con un «evidente carattere di transizione, originato dal veto democristiano per un organico governo d’emergenza. Il Psi non si estranea: «Non ci faremo sorprendere in un’area di parcheggio in attesa di un ritorno al passato». Craxi è netto: il vecchio centro-sinistra non si ripeterà tuttavia invita Andreotti a guardare a nuove possibilità «anche nel mare delle astensioni ci vuole la bussola».57 Il 10 luglio interviene Berlinguer. Inizia: «Comincio col dichiarare che questo governo è ben lungi dal soddisfarci». L’astensione non significa fiducia. Sottolinea la novità di un governo che nasce e si fonda sul pur parziale sostegno del Pci. La conseguenza del voto del 20 giugno «forse il più importante e innovatore dopo quello con il quale il popolo italiano, il 2 giugno del 1946; fece dell’Italia una repubblica democratica ed elesse l’Assemblea che ci ha dato la Costituzione». Dunque il Pci consente la nascita del governo e di iniziare la sua attività «riservandosi sin da domani di giudicarla, momento per momento» avendo presenti gli interessi dei lavoratori. Sulle questioni internazionali.58 Zaccagnini insiste sulla Dc partito di maggioranza relativa, aperto al dialogo ma nulla di più nel confronto con i comunisti. Ricostruisce le ragioni del rifiuto del governo d’emergenza nella precedente legislatura, quasi a segnalare che la situazione è tornata a quei giorni sia pure con la novità del successo comunista equilibrato tuttavia dalla ripresa di consenso della Dc.La Camera vota. Su 605 votanti 302 Astenuti 303, a favore 258 contrari 44. Ai contrari si è unito a titolo personale Altiero Spinelli, indipendente eletto nelle liste del Pci. E’ nato il governo della non fiducia. Conta sull’astensione di tutto l’arco costituzionale. Ai radicali e a Democrazia proletaria la bandiera dell’opposizione, insieme a loro il Msi . Il 23 agosto su «Stampa Sera» una dichiarazione di Geoge Ball : «Il giorno che Carter fosse presidente cercherebbe una tacita intesa con l’Italia : niente Pci al potere». Ad agosto il settimanale «L’Espresso» in un servizio pubblicizzato con grande risalto in copertina addita Andreotti come «Antelope Kobbler», il misterioso protagonista dello scandalo Lockeed. Scrive Andreotti nel suo diaro : «mi domandai preoccupato se si trattasse solo di una mascalzonata o se fosse dietro una manovra per ottenere la caduta del governo male digerito; e in questo caso fosse farina del sacco nazionale o peggio»
La crisi del «Listone»
Il voto del 20 giugno travolge i partiti del sinistrismo. Molte e diverse le cause: il lungo trascinarsi della diaspora partito – movimento, le derive verso il partito armato, il mutarsi delle soggettività, il ruolo dirompente dei primi gruppi femministi, l’esasperato ideologismo, il continuo dividersi in frammenti sempre in cerca di nuove quanto impossibili nuove aggregazioni. Un groviglio di tensioni che la sconfitta elettorale concorre a far precipitare..59 Lotta continua aveva pronosticato un milione e mezzo di voti, la lista di Democrazia proletaria si deve accontentare di 500 mila voti. Un’alleanza spuria, una campagna elettorale densa di polemiche fra i tre gruppi del cartello elettorale. All’indomani del voto «Lotta continua» scrive: «Il giudizio sulla modestia dei risultati non può in alcun modo essere mascherato». Sul «Quotidiano dei lavoratori», giornale di Avanguardia operaia, Vittorio Rieser: «Il risultato elettorale parzialmente insoddisfacente è destinato ad avere un impatto sulle varie forze della sinistra rivoluzionaria». In un comunicato di Dp si legge che il risultato elettorale non è il segno di una sconfitta, ma di un limite politico grave: essere rimasti vittime della polarizzazione e si chiede «Ma perché?». Fra gli eletti le prime tensioni, dopo la decisione di nominare capogruppo Massimo Gorla, dirigente di Avanguardia operaia, Eliseo Milani del Pdup prende le distanze da Dp. I partiti nati dal Sessantotto sono al tramonto. Scavalcati dalle controculture che hanno vissuto ai loro confini, insidiati dal militarismo delle Brigate rosse e delle suggestioni armate. Dal 26 al 30 giugno si svolge il secondo festival del proletariato giovanile a Parco Lambro, promosso, come già l’anno precedente, dalla rivista «Re Nudo». Gli organizzatori sono scavalcati dalla marea di giovani, dalle proteste delle femministe, da un vitalismo confuso, insorgente, ribelle che inneggia alla rivoluzione sessuale, alla libertà oltre ogni regola. Un universo giovanile in ebollizione, sospeso fra ribellismo e consumismo, fra militanza e individualismo. Il Pdup chiude un sofferto comitato centrale, 35 voti a favore e 18 astensioni. Rossana Rossanda assume la direzione del «manifesto» al posto del dimissionario Luigi Pintor che si era espresso l’inserimento di Lotta continua nel Listone. Passa a fatica la linea Magri: un’opposizione capace di coinvolgere il Pci. Dissente Silvano Miniati che vorrebbe assegnare al cartello Dp il compito di conquistare uno spazio alternativo al Pci. Fra i contrasti si decide di continuare l’unificazione con Avanguardia operaia.60 Il 26 luglio Lotta continua convoca la sua assemblea d’organizzazione.61 Adriano Sofri analizza le ragioni della sconfitta da ricondursi all’illusione di poter interpretare la divaricazione fra lotte di classe e la direzione «revisionista» del Pci. In polemica col Pdup e Avanguardia operaia considera errato cercare nuovi rapporti con la sinistra tradizionale. Pesano sul gruppo le mutazioni intervenute nella galassia movimentista, la pressione dei gruppi dell’Autonomia, la crisi e lo sbandamento dei suoi militanti. Una relazione contestata. La presidenza occupata dalle femministe, il vertice messo in discussione. Non resta che darsi una nuova scadenza: il congresso, fissato a novembre. Sarà la fine del gruppo. Nell’estate proliferano i circoli del proletariato giovanile, i minigruppi, i collettivi femministi. Si oscilla fra residui di militanza da inventare e abbandoni. Il personale si fa politica.62 La casa editrice Savelli pubblica la collana «Il Pane e le rose». Nelle librerie va a ruba « Porci con le ali» di Lidia Ravera e Mauro Rostagno. Fanno la loro comparsa gli Indiani metropolitani. Intanto i gruppi armati reclutano proseliti fra i disciolti servizi d’ordine di un sinistrismo smarrito. E non solo.
Dalle fabbriche
Settembre si avvia la ripresa dell’attività politica. Per il 7 è fissato il consiglio dei ministri per il varo dei provvedimenti economici. La Federazione sindacale lavora alla piattaforma da presentare al governo. Segni d’irrequietezza nella Dc. Il neosenatore Umberto Agnelli e una quarantina di deputati annunciano un convegno per dar vita a un movimento d’opinione che possa preparare una nuova maggioranza e «alimentare una sorta di bipolarismo a sinistra che consenta al Psi di guadagnare un maggiore spazio di manovra rispetto al Pci». All’organizzazione lavorano attivamente Luca di Montezemolo, fiduciario della Fiat, e Franco Mazzola, legato a Giovanni Marcora. Nel gruppo dirigente reazioni contrastanti. Si teme una nuova corrente. Si riunisce la commissione del Pci sulle questione economiche. Napolitano al «Corriere» e al «Paese sera» anticipa il senso della sua relazione che terrà il 3 settembre: «impegnare tutte le forze del movimento dei lavoratori nella lotta per una nuova politica di sviluppo, con tutto ciò che essa richiede di misure concrete, di rilancio degli investimenti produttivi, di liquidazione di parassitismi e posizioni di privilegio, e anche di modificazione di larghe masse».63 Sulla politica economica del Pci pesano le posizioni di Giorgio Amendola che su «Politica economica», la rivista del Cespe, «assolutizza il pericolo dell’inflazione» e «polemizza con quanti vogliono contrattare misure o chiedere contropartite per i tagli e le rinunce che la lotta all’inflazione esige».64 Il 9 riapre il Parlamento. All’inizio della seduta la commemorazione della morte di Mao. Un mito già spento, sono lontani gli entusiasmi sulla rivoluzione culturale ecc. Su «Rassegna sindacale», il settimanale della Cgil, Luciano Lama traccia le linee del confronto sindacati-governo. Apprezza il metodo della calendarizzazione proposto da Andreotti, la verifica – afferma - sarà «questione su questione», misurandosi sui singoli provvedimenti. Principio di fondo: «La politica di austerità deve salvaguardare i redditi da lavoro più bassi». Molto insiste sulla necessità di procedere verso l’unità organica della Federazione sindacale 65. Il 13 – 14 settembre si svolge il direttivo Cgil relatore Giunti .66 Andreotti replica con una sorta di comitato di verifica sul programma da istituirsi presso il Cnel. Sul versante degli industriali, il nuovo presidente della Confindustria Guido Carli delinea una linea d’attacco che, scrive Sergio Garavini, punta alla revisione della scala mobile e a una politica d’intervento pubblico non per «mutare gli indirizzi produttivi ma abbuono dei debiti delle aziende presso le banche e assoggettamento delle partecipazioni statali alla Confindustria».67 Si avvia il confronto sulla riconversione industriale. Quotidiani e cronache politiche registrano l’assenza di movimenti di lotta che accompagnino la verifica col governo. Ancora aperte grandi vertenze, la Fiat, l’Iri, la Montedison, grave la situazione nel Sud.68 La Federazione sindacale proclama lo sciopero per il 7 ottobre.69 Fatta salva la scala mobile un sostanziale assenso alle misure restrittive. Fra i lavoratori sfiducia e caduta di tensione. A Napoli , il 19 settembre ,si chiude la festa dell’Unità.70 Una grande partecipazione. Una folla immensa. Scriverà anni dopo Chiaromonte: «Berlinguer cominciò a spiegare perché ci eravamo astenuti sul governo Andreotti. Lo ricordo ancora: si fece un gran silenzio, si ebbe subito la sensazione fisica di una grande tensione; la diffidenza di centinaia di persone divenne, per alcuni minuti, quasi un fatto palpabile: Fu anche l’impressione di molti compagni della direzione e dello stesso Berlinguer».71 Il popolo comunista non è convinto. Gli entusiasmi del dopo voto si sono spenti. Il 20 giugno è già lontano. Fra il vertice del partito e gli iscritti cresce l’incomunicabilità. Il Pci è in difficoltà. Luigi Bianchi sul «Corriere» mette a confronto «La prudenza di Berlinguer» e «la fretta di Amendola» nel rivendicare la partecipazione al governo: «Il fatto è – scrive - che il Pci è alla metà del guado. Ha lasciato la sponda dell’opposizione senza raggiungere quella del governo. Non può fermarsi per il rischio di venire travolto. Deve tenere impegnato il partito perché non nascano dissidenze interne, deve far vivere e al tempo stesso incalzare il governo Andreotti, deve impedire che alle sue spalle si ricompongano vecchi equilibri».72
Benvenuto alla guida dell’Uil
Craxi è impegnato a consolidare la sua posizione, riorganizzare il partito e i suoi collegamenti sociali. Trovare punti di forza. Un punto delicato è rappresentato dal sindacato. Va ridimensionata l’egemonia comunista nella Cgil e occorre dare visibilità alla presenza socialista. Serpeggia persino l’idea della costruzione di un nuovo sindaco che unisca le componenti socialiste della Cgil e dell’Uil. In questo quadro l’operazione che porta Benvenuto alla guida dell’Uil. La richiesta di maggiore rappresentatività socialista s’intreccia con le critiche rivolte alle componenti repubblicane e socialdemocratiche di subalternità nei confronti della Csil. Craxi riunisce i sindacalisti socialisti e li incoraggia la battaglia interna. Ha buon gioco a fronte dalla crisi che attanaglia il Psdi alle prese con i postumi della sconfitta elettorale e con il coinvolgimento di Mario Tanassi nello scandalo Lockheed. Vicende che portano all’elezione di Pieluigi Romita alla guida di un partito il cui declino sembra destinato a «una tormentata decadenza» che spinge la «socialdemocrazia saragattiana verso l’area socialista».73 Il 30 settembre Giorgio Benvenuto, già segretario generale dei meccanici Uil negli anni in cui Trentin e Carniti erano rispettivamente alla guida della Fiom e della Film, è eletto segretario al posto del repubblicano Raffaele Vanni. Decisiva la convergenza fra Psi e Psdi. Vota contro l’intera componente repubblicana, 30 membri su 109. Una contrarietà così motivata da Aride Rossi: «Il disegno che ha portato alla nuova maggioranza della Uil è nato al di fuori del sindacato, rispondendo ad esigenze di partito e segna nei fatti la fine della autonomia». Una polemica con il lavorio socialista . Vanni passa all’opposizione annunciando di voler svolgere: «una battaglia di minoranza». Nel discorso d’investitura il nuovo segretario ribadisce: «la scelta del sindacato di rifiuto all’assoggettamento agli schieramenti politici, si chiamino centro-sinistra, compromesso storico o alternativa di sinistra». Replica alle polemiche suscitate dall’operazione di ricambio: «Ci è stata rivolta finanche l’accusa di anticomunismo per il solo fatto di aver mostrato attenzione ai dati di equivoco dell’attuale politico. Sono accuse che non ci toccano perché le nostre affondano le radici in quelle compiute da tutto il sindacato, e non da oggi, di piena indipendenza rispetto all’assetto politico». Nel documento programmatico posto a base della candidatura una forte critica alla bipolarizzazione della situazione politica attorno ai due principali partiti che soffocano «nel loro incontro- scontro ogni autonoma espressione». Compito dell’Uil «strutturare e organizzare uno spazio intermedio politicamente reale». Non dissimile il giudizio di Pierre Carniti segretario della Csil: «La politica seguita da Cgil, Csil e Uil porta alla paralisi del sindacato, alla sua impotenza e subalternità nei confronti dei partiti politici cui vengono concesse deleghe fiduciarie (…). La stessa disponibilità alle misure di austerità e ai sacrifici è apparsa come una variabile dipendente dall’ingresso di nuovi interlocutori nell’area di governo».74 Per entrambi il nemico è il compromesso storico che rischia di portare a una «sterilizzazione del necessario conflitto politico». Benvenuto: «Davanti a un risultato che mette l’una di fronte all’altra le due più grosse formazioni politiche del paese in attesa di uno show-down da cui dipende la storia dei prossimi vent’anni, il sindacato ha accentuato la sua tendenza a fare da spettatore più o meno interessato, a mettersi comunque agli angoli (…) L’imperativo è di non interferire a nessun costo sui delicati equilibri del quadro politico (…) Abbiamo così il sindacato che non fa più politica, il sindacato del non expedit, al governo delle astensioni dovrebbe corrispondere una specie di sindacato delle astensioni».75
La manovra economica
Ai primi di ottobre si accavallano le notizie su una raffica di aumenti dei prezzi. Il Pci rivendica una discussione parlamentare e lancia per i primi dieci giorni del mese una campagna di manifestazioni per la riconversione industriale76. Di fronte alla bufera valutaria che investe la lira, insieme alla sterlina, il governo il 1° ottobre vara misure d’emergenza. Le annuncia in televisione lo stesso Andreotti. Il tasso di sconto è elevato di tre punti, rincarano oli combustibili, gasolio, metano e sigarette. Istituita per due settimane un’imposta straordinaria del 10% sugli acquisti di valuta estera. Per il 1976 si prevede ormai un calo degli investimenti del 3%. L’«Unità» commenta Fine dell’ottimismo incosciente.77 Luciano Barca, responsabile economico del Pci, rivendica la necessità di un mutamento negli indirizzi di governo. Lama parlando all’assemblea della Federbraccianti afferma: «La crisi economica è grave. In questo senso concordo con Andreotti e con gli economisti che non hanno mai nascosto le difficoltà. La verità bisogna dirla per intero: il confronto e i dissensi debbono semmai svilupparsi sui rimedi, non sui dati di fatto».78 La Malfa, intervistato da Mario Pirani, su «Repubblica»: «Se il Pci non riesce a far comprendere alle masse popolari delle quali finora ha goduto la fiducia l’indispensabilità dei sacrifici necessari per uscire dalla crisi allora andremo rapidamente a una situazione irreversibile dal punto di vista dell’inflazione crescente, delle recessioni concomitante e di un inevitabile aumento della disoccupazione». Affermazione significativa. Al Pci si chiede di farsi protagonista della tregua sociale. Per molti la principale ragione del suo coinvolgimento nella maggioranza di governo. L’Italia deve ricorrere al prestito del Fondo monetario. Al centro del dibattito fra i partiti come uscire dalla crisi, quali misure immediate e quali in prospettiva. E’ il banco di prova del governo della non sfiducia. Nella Dc si discute. Piccoli si pronuncia in difesa dei provvedimenti di emergenza, esclude il loro stravolgimento chiedendo ai gruppi democristiani «una ferma vigilanza» affinché la centralità del Parlamento «non si trasformi in assemblearismo facendo rientrare dalla finestra quel governo di emergenza che abbiamo messo fuori dalla porta». I repubblicani, con un documento della direzione, annunciano che decideranno caso per caso come votare. Un orientamento interpretato come una presa di distanza dall’esecutivo . Craxi ribadisce che per l’immediato non si pone il problema di un ritorno del Psi al governo. I quotidiani, prendendo a pretesto le critiche comuniste ai provvedimenti, già avanzano ipotesi sulla rottura del rapporto Pci e Dc. Berlinguer smentisce anche se non rinuncia a motivare le sue riserve ai provvedimenti.79 Il 7 ottobre giorno dello sciopero l’annuncio del governo: ritocco della scala mobile, blocco per due anni dell’ordine del 50% per la fascia di stipendi compresi fra i 6 e gli 8 milioni, blocco totale per la fascia sopra gli 8 milioni. La contingenza bloccata deve essere corrisposta in obbligazioni non negoziabili. Allo studio l’abolizione delle festività (Epifania, Ascensione, Corpus domini, S. Pietro e Paolo, Ognissanti e Immacolata), lo spostamento delle feste del 2 giugno e 4 novembre, la modifica del meccanismo della cassa integrazione secondo la quale il lavoratore otterrà un trattamento per 18 mesi e l’iscrizione a liste di collocamento speciali. In piazza lo sciopero. La crisi è pesante. L’Unidad ha annunciato 2.800 licenziamenti, L’Italsider di Taranto 1.000 subito e 2.000 a gennaio. Smobilita la Philco a Bergamo. Nei primi mesi dell’anno la cassa integrazione è cresciuta del 32%, in Campania raggiunge il 78%. Il bilancio della giornata di sciopero non è positivo. Ai lavoratori le due ore di fermata sono apparse una risposta debole. Dalle assemblee risultati alterni, sfiducia e caduta di tensione, ammette la Cgil. Scarsa la partecipazione in Liguria. Contraddittoria in Piemonte, solo il 30 % degli operai della meccanica, il 70% in altri settori come i chimici e gli edili. Al Lingotto, gli operi prolungano per tutto il giorno lo sciopero. A Torino si proclama lo sciopero generale per il 13 ottobre. Rinaldo Scheda della segreteria Cgil denuncia il rischio dei due tempi in politica economica. Un vecchio male italiano.80 Nel consiglio nazionale della Dc dell’8 ottobre, il primo dall’aprile, è prevista l’elezione di Aldo Moro alla presidenza. Al momento del voto numerose schede bianche, moltissimi gli assenti. Moro giudica insufficiente la votazione sul suo nome. Non si tratta di un incidente ma è la spia di un malessere di fondo, sono note le posizioni dialoganti verso il Pci del leader democristiano. La votazione sarà ripetuta il 14. Stavolta 165 voti a favore su 183 votanti. Ora alla guida del partito una triade: Zaccagnini e Moro, esponenti della maggioranza che ha vinto l’ultimo congresso, a cui si affianca Andreotti allora all’opposizione con i fanfaniani e i dorotei. Un diverso equilibrio interno. Ci si domanda quando Moro romperà il silenzio e interverrà sulla fase politica apertasi dopo il 20 giugno. Nelle regioni continuano le agitazioni operaie. A Genova sciopero spontaneo all’Italsider. Il 13 sciopero provinciale di quattro ore a Torino. In quei giorni il consiglio nazionale della Cgil avvia la preparazione del suo IX congresso. Nel dibattito la preoccupazione principale riguarda il timore del riproporsi, come nel passato, di una manovra economica tutta centrata sui sacrifici e non finalizzata alla ripresa. Un nuovo colpo solo ai lavoratori. Garavini insiste: modificare i provvedimenti. Trentin sulla necessaria riconversione industriale. Marianetti è dubbioso sulla volontà del governo di un reale rinnovamento della politica economica. Si riflette con preoccupazione sul bilancio della giornata del 7 ottobre. Nonostante il voto unitario il dibattito rivela incertezze e dissensi.81 Si allunga l’elenco delle crisi aziendali: la Bloch, la Standa, Montefibre. Un sindacato troppo prudente decide per fermate articolate. Solo la Flm proclama lo sciopero dell’intera categoria. A Roma contro le misure del governo si riuniscono i consigli di fabbrica. Il padronato è aggressivo: licenziamenti decisi o minacciati, progetti di ristrutturazione incombenti. Il 12 la discussione in Parlamento: bilancio di previsione 1977 e scelte economiche.82 Dal governo secondo il Pci impegni generici.83I quotidiani chiedono ai comunisti «moderazione» temono un irrigidimento di fronte al malcontento che sale nel paese. Pajetta in un’intervista: «Non andiamo in giro a calmare la base ma per rendere consapevole il partito sulla gravità della crisi e sulle responsabilità che gravano sul Pci». Critico sui provvedimenti il Psi: occorre trasformare la protesta in una spinta alla modifica. In aula Barca e Napolitano illustrano le riserve comuniste.84 Scrive Andreotti: «le accettano, ma le considerano inadeguate».85 Ancora attacchi alla lira che perde intorno al 3%. Rientra l’idea dello sciopero generale. L’«Espresso» del 17 ottobre esce con la vignetta di Lama e Andreotti che si mettono d’accordo per infliggere la stangata ai lavoratori. Si enfatizzano i contrasti interni sui provvedimenti. Il 18 il coordinamento dei delegati Fiat a Torino si pronuncia contro la mobilità nelle fabbriche in crisi. Lo stesso giorno si apre un impegnativo comitato centrale del Pci.86 Al centro del dibattito il nesso austerità - sacrifici. Berlinguer si diffonde sulle ragioni della crisi economica. Denuncia il rischio di un’inflazione che può diventare «selvaggia». Grande eco sulla stampa. Il «Corriere»: Berlinguer disponibile ai sacrifici ma chiede mutamenti. Il «Messaggero»: Il Pci non si tirerà indietro ma chiede cambiamenti. La «Stampa»: Berlinguer: immensi i rischi dell’inflazione, il sommario I comunisti continueranno a premere sulla Dc perché formi un governo con il Pci. Scrive Casalegno: «una diagnosi senza indulgenza della crisi italiana (…) due pregi: la chiarezza e il rifiuto della demagogia». L’«Avanti !», nell’articolo Una relazione preoccupata, condivide l’analisi e la proposta di fondo. Scalfari, come gli altri quotidiani, sottolinea la richiesta avanzata dal segretario comunista di «una nuova direzione politica» e aggiunge «Berlinguer ha sollecitato un vasto movimento “dal basso ” che “ affretti la maturazione ” della svolta, avvertendo però che “ non ci sono ragioni per mosse precipitate ”». Nel dibattito al comitato centrale spicca l’intervento di Amendola: la crisi che ha un carattere mondiale e investe l’Italia «richiede misure gravi, ben più gravi di quelle prese e annunciate dal governo, che noi dobbiamo criticare non solo perché contraddittorie e non eque, ma soprattutto perché insufficienti, se non vogliamo continuare a scendere per una china che poterà allo scatenamento di una inflazione incontrollata». Lamenta che anche il Pci non ha fatto tutto il possibile per spiegare la gravità della situazione al partito e al paese. Al primo posto la lotta all’inflazione.87 Replica Berlinguer: Non siamo all’inflazione del ‘47. Assumere la bandiera della lotta all’inflazione non significa sacrifici senza mutamento. La Dc, pur rispondendo alle accuse mosse, non esaspera i toni polemici. Il «Popolo» tranquillizza: non vi sono distanze fra il Pci e governo e gli accenti di Berlinguer «sfumati, tortuosi» non appaiono critici. Commentando le reazioni socialiste scrive che la «flessibilità berlingueriana e il cauto atteggiamento nei confronti del governo hanno provocato disagio nel Psi».88 Per Miniati del Pdup dal comitato centrale comunista «una riconferma dell’appoggio al governo e alla sua politica». Al direttivo Cgil Csil – Uil del 19-20 ottobre Benvenuto respinge ogni manovra sulla scala mobile, in alternativa propone l’aumento delle aliquote per i redditi sopra gli 8 milioni. Approvata una piattaforma in 13 punti da presentare al confronto con il governo 89. Confermati gli scioperi di quattro ore per regioni da realizzarsi entro novembre. Il 20 ottobre sciopero generale a Milano e Taranto. Sei cortei invadono la capitale lombarda. Oltre centomila partecipanti. In piazza Duomo il comizio di Marianetti è contestato dai militanti di Lotta continua, dell’Autonomia e della sinistra antagonista. Il clima va surriscaldandosi. Avvisaglie di ben più pesanti e violente contestazioni. Nei giorni successivi si fermano le Puglie, l’Emilia, le Marche e la Sicilia. La mattina del 22 ottobre s’incontrano le segreterie del Pci e del Psi.90 Si affrontano i temi caldi dell’agenda politica . Insieme alle urgenze economiche , decisiva la legge sull’aborto su cui si addensano le riserve dc. Montefibre, la società della Montedison, annuncia che nel mese di ottobre i salari saranno pagati solo parzialmente, il 40% delle spettanze. Una misura che interessa 30 mila addetti. Non cessa l’incubo della violenza. A Roma il 24 , bande di picchiatori missini assaltano caserme di polizia e carabinieri, distruggono autobus, e aggrediscono passanti ritenuti di sinistra. Incontri a ripetizione fra governo e sindacati.Il 28 scioperano la Toscana, il Piemonte, e il salernitano. A Casoria in Campania i lavoratori della Montefibre occupano la stazione ferroviaria. Seguono l’Emilia, le Marche e la Sicilia .
Il Pci chiede la verifica
Alla fine di ottobre la segreteria del Pci e le presidenze dei gruppi parlamentari del Pci in una lettera inviata ad Andreotti e ai partiti che lo sostengono chiedono una riunione collegiale sulla politica economica «al fine di evitare un ancor più grave deterioramento della situazione del paese».91 Per Valentino Parlato: Una lettera d’addio.92 «Sembra loro – commenta il presidente del consiglio – che ci siano in giro troppo disimpegni e “distinguo” e vogliono avere la certezza di non essere aggirati».93 Il «Popolo» respinge la proposta comunista considerandola la premessa a un supergoverno che « vulnererebbe» le prerogative dell’esecutivo, e rischierebbe di aprire uno «scoperto e pericoloso giuoco di chi vuole una modifica degli equilibri politici e parlamentari inseguendo mitiche formule di emergenza». Guido Bodrato è molto chiaro, su «Paese sera» afferma l’impossibilità per la Dc di stabilire col Pci «rapporti più stretti di quanto non si possa fare in Parlamento» . Il socialdemocratico Pierluigi Romita è d’accordo sulla verifica richiesta ma a condizione di non alterare il quadro politico. Tre i punti su cui si attesta la Dc: prospettazione in sede comunitaria europea di politiche di sviluppo e misure straordinarie per la difesa della lira, la riduzione del deficit della bilancia dei pagamenti, finalizzazione del prelievo fiscale a difesa dello sviluppo e dell’occupazione , quindi interventi a sostegno dell’attività produttive.94 Inizia il tortuoso percorso che porterà al governo di programma. Un estenuante procedere di riunioni, incontri che si concluderà solo nel marzo del nuovo anno. Concordano con la proposta del Pci Psi, Psdi e Pri. Vaga la posizione della Dc che lascia ad Andreotti il compito di convocare una discussione parlamentare sull’emergenza economica. In consiglio dei ministri Tina Anselmi presenta la legge per l’occupazione giovanile. Il 4 novembre il consiglio dei ministri vara la seconda parte del programma economico: fiscalizzazione degli oneri sociali, finanziata con gli aumenti delle aliquote Iva. Il 9 novembre sciopera il Veneto. Il giorno successivo il Lazio. L’11, la Sardegna, il Friuli Venezia Giulia. Ancora il 12 Liguria, Campania, Abruzzi. Agitazioni nella scuola. Critica la situazione dei contratti aperti. Ferrovieri, postelegrafonici, monopoli ed enti locali. E’ poi la volta di Bergamo e Taranto.La Flm il 13 novembre approva un documento critico sulle prudenze delle confederazioni. Chiede lotte più incisive. Il 15 contro i trasferimenti è occupata l’officina 77 di Mirafiori a Torino. Il 18 il governo congela gli aumenti retributivi. Il 30 novembre sciopero dell’industria. Al comitato centrale socialista di metà novembre Giacomo Mancini propone l’ingresso del Pci al governo come condizione dell’appoggio socialista. Nel commento del «Popolo» si mette l’accento sulle contraddizioni emerse nel dibattito, un partito oscillante fra «Scilla e Cariddi», sospeso fra governo d’emergenza e compromesso storico ma al tempo stesso sempre più diviso dal Pci e in cui non mancano suggestioni verso un bicolore Dc- Psi.95 Intanto iniziano i colloqui tra i sindacati e la Confindustria su costo del lavoro e produttività aziendale. Si prevede una lunga trattativa lunga. Vi è convergenza sulla necessità della ripresa economica , forte il dissenso, variamente accentuato, sulla scala mobile. In quegli stessi giorni si apre la vicenda del «Corriere». Un storia su cui occorre tornare. All’inizio di dicembre il viaggio di Andreotti negli Usa. Dopo i colloqui con Ford il presidente del consiglio può annunciare che da gennaio si avvieranno i negoziati con il Fondo monetario internazionale per la messa a punto dei meccanismi necessari per porre al riparo la lira. Il 9 dicembre La Camera approva il decreto che blocca la scala mobile. Contrari radicali, Dp e Msi. Il blocco, già attuato a partire dal 1 ottobre, resta in vigore fino al 30 aprile 1978, 19 mesi, 50% per i redditi inferiori a 6 milioni, totale per quelli superiori agli 8 milioni. Le somme congelate saranno convertite semestralmente in buoni del Tesoro da vendere solo dopo cinque anni. I fondi recuperati dovrebbero essere destinati alle piccole e medie imprese : resta sul tappeto la questione del costo del lavoro. Su «Rinascita» Berlinguer fa il bilancio della fase. Sgombrato il campo «da sospetti e diffidenze immotivate» sulla ricerca di accordi «sottobanco» con la Dc, scrive: «Ciò che non può continuare è questa assenza di scelte che fa ristagnare la situazione politica, con il rischio evidente che in questo vuoto crescano umori, tendenze, manovre di destra, in qualche caso avventuristiche». Segnala come dato positivo la tenuta del paese di fronte alla crisi politica, sociale e «persino morale». A suo avviso non si può aprire una crisi al buio. Insiste, preoccupato, sulla difficoltà di stabilire un nesso fra austerità e fase politica.96 Mario Angius sul «Popolo»: «Sicuramente l’intervista del segretario comunista allarga in qualche misura il campo del confronto ma non fino al punto – come pensano molti socialisti – da far coincidere confronto e governo d’emergenza o ipotesi analoghe».97 Una sottolineatura sulle diverse strategie che animano le due forze di sinistra. Contestualmente all’articolo di Berlinguer, quasi ad aprire il dialogo che si protrarrà nei mesi successivi, intervenendo sul «Giorno» del 10 dicembre, Moro affronta il tema della «terza fase della vita politica italiana». Una riflessione che guarda al dibattito interno alla Dc ma rivolta al paese e a tutte le forze politiche: «E’ questo un momento problematico, caratterizzato da ricchezza della vita sociale, da forte spirito critico, da un serio confronto di contenuti programmatici, da un’originale e aperta esperienza politica (…) Pensare che si possa andare più in là significa ignorare dati interni e internazionali che non possono essere trascurati. Ma neppure è possibile puntare a una spaccatura frontale del paese, sulla base di pregiudiziali alle quali l’opinione pubblica non riserva la stessa decisiva attenzione di una volta».98 In concomitanza con la pubblicazione dell’articolo inizia il consiglio nazionale della Dc. Zaccagnini resta ancorato alla linea del «confronto». Per Pci e Psi non basta, occorre andare oltre. La «Voce repubblicana» apprezza le posizioni espresse da Moro ma considera ancora arretrata la posizione dell’insieme della Dc. In realtà nel consiglio nazionale si cerca più di ricostruire l’unità interna che di lanciarsi in aperture politiche che comprometterebbero la tenuta del partito. Sulla linea del segretario, modificando la mappa e le fratture congressuali, si collocano insieme alla maggioranza che lo ha eletto sia i dorotei sia gli andreottiani. Per il Pci il rapporto fra la scelta dell’astensione e movimenti sociali si fa stringente. Al comitato centrale Gianni Cervetti, nuovo responsabile dell’organizzazione lancia l’antica formula togliattiana del partito di lotta e di governo.99 Un binomio difficile da perseguire nel triennio. Moro interviene di nuovo, il 28 dicembre, sulla «Stampa». Segnala i «risvolti internazionali» della vicenda italiana, nessun «compromesso storico» tra Dc e Pci ma neppure il logoramento del Pci per rafforzare la Dc, in prospettiva la legittimazione del Pci, in alternanza non in alleanza con la Dc.100 Andreotti in televisione elenca i risultati ottenuti dal governo. Il fatturato di 35.000 aziende italiane con oltre 20mila addetti nel corso dell’anno è aumentato del 3,6% rispetto al 1975, il Pil del 27,2% mentre l’occupazione è diminuita di 90 mila unità passando da 4.216.000 a 4.127.000. Allarmanti le cifre fornite dal ministero degli Interni nell’anno si sono registrati 1.198 fra attentati e atti di violenza, 14 morti e 10 feriti.
La fine di Lotta continua e la crisi del Pdup
Dopo il convegno dell’estate le discussioni interne a Lotta continua si sono inasprite. A Torino gli operai contestano il gruppo dirigente accusandolo di aver abbandonato la «centralità operaia» e , insieme alle femministe, di rappresentare la «borghesia nel partito».101 Posizioniribadite nel 4 convegno operaio che si conclude con la richiesta dell’«esercizio della direzione politica in Lotta continua».102 A Rimini, il 1° novembre, si apre il 2 congresso. Adriano Sofri parla per due ore. Tenta un’ impossibile mediazione sintetizzata nella formula «Vivere col terremoto». Un compromesso che accompagna alla durezza dell’attacco al Pci, al compromesso storico, al regime dc. Ma l’organizzazioni non tiene più. E’ un coacervo di gruppi e gruppetti in lotta fra loro. Manca una strategia unificante. Segmenti di storia vecchia e nuova che guardano in varie direzioni : femminismo, l’autonomia , i radicali, il partito armato.103 Uno scontro durissimo fra la componente femminista e il gruppo dirigente. In tutte le commissioni l’area libertaria si contrappone a quella dura dell’organizzazione. Come scrive «Lotta continua» i militanti sono travolti da «sensazioni» ed «emozioni». La discussione si protrae , senza una reale conclusione fino al 5 novembre. E’ la fine del gruppo come forma organizzata . Non serve a rilanciarlo la campagna «prendiamoci la città», ne la presenza nel movimento del 77 che concorrà alla sua definitiva dissoluzione. Resta la funzione , non secondaria, del quotidiano che uscirà fino all’autunno del 1980. I movimenti stanno assumendo altre fisionomie. A novembre il convegno delle Radio libere; a Roma e in altre città le autoriduzioni, il proliferare dei centri sociali. Il 27 novembre Dp manifesta contri il governo. Circa 10 mila persone. Non procede l’unificazione fra Pdup e Avanguardia operaia. Alla fine dell’anno il comitato centrale del Pdup è travolto da nuove divisioni. Il 27 novembre le dimissioni di Magri e Miniati, rispettivamente segretario e vicesegretario, a cui si affiancano quelle di Rossana Rossanda e di Andrea Marcenaro. Una ventina di dirigenti sindacali cercano di ricomporre la frattura. Sul «manifesto» sdrammatizza Vittorio Foa che invita ad abbandonare le beghe interne e partire dal confronto reale sviluppando la linea già elaborata «per evitare una rottura che sarebbe un errore, ognuno di noi dovrebbe smetterla di custodire , come gioielli in uno scrigno, il suo “patrimonio” del passato, riacquistare un minimo senso delle dimensioni e guardare davanti a sè».104 Il 30 novembre la prima azione firmata da Prima linea. La contestazione alla Scala. L’11-12 dicembre il convegno operaio di Dp-Ao- Pdup e gruppi minori per tentare l’unificazione fra l’area radicale dei Cub e la sinistra sindacale. Il 15 dicembre la morte di Walter Alasia.
Il Settantasette
Chi ha paura del 1977 titola l’editoriale di Rossana Rossanda sul «manifesto» del 2 gennaio. Un articolo autocritico nei confronti della nuova sinistra che non ha resistito «alla tentazione di affidare al voto (le aborrite istituzioni) la prova del nove» della sua politica. Preoccupazione sul futuro della sinistra, dei movimenti: «Stavolta il dubbio riguarda non la forza e la natura dell’avversario, ma la forza e la natura propria. Dove stiamo andando? E’ un momento di difficoltà o l’inizio di una lunga sconfitta». Nel Pdup si sta andando alla resa dei conti interna, la diaspora che porterà alla scissione del 20 febbraio, da un lato la maggioranza Magri, Rossanda e dall’altro la minoranza di Vittorio Foa, Silvano Miniati, le cosiddette Federazioni unitarie e la corrente sindacale di Elio Giovannini, Antonio Lettieri e Gastone Sclavi che daranno vita al partito di «Democrazia proletaria». Una divisione che spacca Avanguardia operaia. La maggioranza, Gorla, Corvisieri, Vinci confluisce in Dp, mentre la minoranza capeggiata da Aurelio Campi si riconosce nel Pdup. Inizia un anno terribile. Imprevisto. Violento. La cupezza dei nostri anni di piombo. Nuovo nelle soggettività che si manifestano. Inedito nelle forme di ribellismo. Tremendo per il Pci, il partito che dopo Sessantotto, nonostante le polemiche con il movimento degli studenti, il duro confronto con il gruppismo, ha saputo mantenere aperti i canali di un dialogo, riuscendo persino ad attrarne e cooptarne parti consistenti nelle sue file. Ora è spiazzato, si trincera dietro la sua strategia, incapace di leggere le forme che vanno assumendo i conflitti sociali. Per difendere la democrazia si fa sempre più Stato. Partito armato e terrorismo concorrono a offuscare ogni possibilità di riflessione. Le manifestazioni si fanno sempre più violente. Dai cortei l’elogio della P38, il partito armato , nelle sue molteplici forme ha il sopravvento su ogni tentativo di riflessione politica di una movimento incerto, confuso, diviso. Il sistema istituzionale non sa distinguere , prevale la risposta d’ordine , la difesa. Si consuma una frattura insanabile fra una generazione e le istituzioni, il sistema dei partiti, la politica. Prendendo a prestito il titolo del libro del …. dello storico Giovanni De Luna , all’epoca militante di Lotta continua , si spengono «Le passioni di un decennio».
L’austerità
Amendola continua a reclamare l’urgenza per il Pci di «entrare a far parte del governo».105 Ai primi di gennaio John Volpe, ambasciatore americano a Roma, è sostituito da nome esteso Richard Gardner. Il 5 governo e sindacati firmano il contratto del pubblico impiego. Il governo vuole intervenire sulla scala mobile utilizzando lo strumento del decreto legge. Nel sindacato si manifestano dissensi. Del Piano, dire chi è, è perentorio: no alla linea del governo. Il 7 -8 gennaio si svolge l’Assemblea dei quadri sindacali, sono stati selezionati per componenti e organizzazioni piuttosto che dalle assemblee di fabbrica. Tensioni, proteste, trattenuto a stento il malessere operaio. Le Br non danno tregua. Il 12 gennaio a Genova sequestrano per estorsione l’industriale Pietro Costa. Cresce la ribellione sociale. A Napoli i disoccupati organizzati occupano la sede della Csil. A Roma la polizia carica militanti di Dp che manifestano contro il congresso del Msi-Dn. A Milano, Roma e in molte altre città: case occupate, antifascismo militante. Aggressioni dei gruppi neofascisti. Impossibile tracciare la cronologia della miriade di episodi rivelatori del clima pesante e torbido di quei mesi. Al teatro Eliseo di Roma, il 14-15 gennaio, accuratamente preparato da Aldo Tortorella responsabile del lavoro culturale, il convegno del Pci sugli intellettuali. Passerà alla cronaca politica come il convegno sull’austerità. Conclude Berlinguer. Indica l’eccezionalità del passaggio di fase . La sinistra ha di fronte a se una grande occasione: «la più grande forse (…) che si presenti al popolo italiano e alle sue più serie forze politiche da quando è nata la repubblica democratica». Occorre «inventare qualcosa di nuovo, che stia però sotto la pelle della storia, che sia cioè maturo, necessario e quindi possibile». E’ l’austerità, saper suscitare «un movimento di massa e di opinione contro gli sprechi». Porre un freno ai consumi individuali indiscriminati «fonte di parassitismi, di privilegi, di dissipazione delle risorse, di dissesto finanziario». «Abbandonare l’illusione che si può perpetuare un tipo di sviluppo fondato su quella artificiosa espansione dei consumi individuali, di sprechi, di parassitismi, di privilegi, di dissipazione delle risorse, di dissesto finanziario (…) Ecco perché una politica di austerità, di rigore, di guerra allo spreco è divenuta una necessità irrecusabile da parte di tutti, ed è al tempo stesso la leva su cui premere per trasformare la società nelle sue strutture e nelle sue idee di base».106 Sono temi già presenti nella riflessione di Berlinguer, ne ha accennato sin dal congresso del 1972, vi ha dedicato gran parte della relazione al comitato centrale dell’ottobre. Austerità e sacrifici, termini che suscitano diffidenze. L’importanza si capirà negli anni a venire, nel contesto del governo della non sfiducia, nel senso comune e nell’asprezza dello scontro del triennio, l’austerità diventa sinonimo di sacrifici senza contropartite. Invece che una strategia di lungo periodo diventa la giustificazione alla politica economica del governo. Una proposta ben lontana dalla teoria dei bisogni che seduce settori consistenti dei movimenti giovanili, dell’antagonismo e delle controculture che li animano. In polemica col segretario comunista Bobbio afferma: «Caro Berlinguer, solo coi sacrifici non si trasforma la società. L’austerità in genere è una raccomandazione dei padroni. L’austerità dei poveri fa parte della loro vita».107 Rossana Rossanda: «Separata da una strategia di potere; l’austerità è solo una stretta di cinghia per i più poveri». Entusiasta del discorso di Berlinguer, invece, Ugo La Malfa. Il leader repubblicano vi riconosce molte delle sue idee.108 Nel consiglio nazionale della Cgil, del 15 gennaio, Pietro Boni prospetta l’ipotesi di una concertazione fra governo e sindacati. Il precipitare della protesta verso la violenza preoccupa il Pci, il 18 gennaio la direzione avanza proposte sull’ordine pubblico. La situazione è «giunta a un punto di rischio intollerabile. Non sono più consentite inerzie, carenze, errori. Occorre una strategia d’intervento dello Stato democratica articolata, decisa, tempestiva». Lo stesso giorno a Napoli ancora cariche della polizia contro i disoccupati organizzati. Nelle fabbriche scioperi, agitazioni spontanee. In molte realtà lavoratori condannati per violenza. Faticano i vertici sindacali. In alcuni accordi evitano di consultare la base, clamorosi i casi del Petrolchimico a Porto Marghera e dell’Alfa Sud, un accordo che contiene anche l’autoregolazione degli scioperi. Il 30 Berlinguer al Lirico di Milano parla agli operai.«l’Unità» titola il suo discorso : Le classi lavoratrici forza dirigente nella lotta per cambiare e vincere la crisi . 109 Il «giovedì nero» di Lama
La proposta di riforma dell’università di Malfatti prevede due livelli di laurea, la suddivisione dei docenti in due ruoli distinti, aumento delle tasse, abolizione degli appelli mensili con raggruppamento degli esami in due sole sessioni. E’ la scintilla, gli studenti si mobilitano. Ma non è il Sessantotto. La prima Università a entrare in agitazione è Palermo, seguono Roma, Bologna, Cagliari, Sassari, Pisa, Firenze, Torino, Milano. Impossibile ogni paragone con la storia dei movimenti studenteschi. La riforma universitaria interessa ben poco. Il 31 gennaio alla facoltà d’Architettura di Roma gli studenti Guido Bellachioma e Paolo Mangoni sono feriti da colpi di arma da fuoco sparati da militanti del Fuan, gruppo di estrema destra. Nella maggioranza c’è maretta. I vertici girano a vuoto. Zaccagnini è scettico: questo governo non durerà in eterno, Craxi parla di un accordo generale, i comunisti di governo d’emergenza. Il 10 febbraio Berlinguer a «Tribuna politica» risponde alle domande di Arrigo Levi direttore della «Stampa» e di Piero Peroni direttore del «Resto del Carlino». Modera Jader Jacobelli. Per i due giornalisti, come peraltro per tutta la stampa in quei giorni, gli interrogativi ruotano attorno al Pci, come e se sta cambiando, quale rapporto con le lotte sociali e col governo? Domande che nascondono «involontarie malizie», come nota Berlinguer e a cui risponde con decisione: il problema non è dove va il Pci ma il paese: «la necessità che alla testa del paese ci sia una guida nuova, una guida fondata sulla solidarietà di tutte le forze democratiche. E di questa guida, secondo noi, non può non essere partecipe il partito che rappresenta così vasti settori del popolo italiano». Nell’intervista molto si diffonde sulla tanto controversa nozione di austerità. Precisa contro semplificazioni e strumentalizzazioni.110 Nella mattinata del 10 febbraio i Comitati unitari studenteschi con l’adesione delle organizzazioni giovanili comuniste, socialiste, repubblicane, le Acli, il Pdup e Avanguardia operaia sfilano per Roma. Davanti al ministero della pubblica Istruzione parla Trentin della Flm. La parola d’ordine è «Per la riforma della scuola e contro la violenza». L’11 si fermano per due ore le fabbriche meccaniche. I lavoratori chiedono modifiche ai provvedimenti del governo. Sulla terza pagina dell’«Unità» Alberto Asor Rosa analizza la crisi universitaria e la natura delle occupazioni. L’articolo inizia con una constatazione : «Sono esattamente dieci anni che non riesco a concludere come si deve uno dei miei corsi universitari». Scrive che sarebbe « estremamente semplicistico» ridurre le occupazioni «alla presenza dei gruppi autonomini e dei provocatori: il fatto che i gruppi autonomi e i provocatori possono muoversi all’interno delle occupazioni costituisce un problema, ma certo non rappresenta – almeno in questo momento- l’aspetto determinante della situazione». Analizza il popolo degli occupanti : « Nelle occupazioni si realizza un coacervo insolito, diverso dal passato, delle insoddisfazioni e delle frustrazioni che l’istituzione universitaria non ha avuto la capacità, né spesso al volontà, di affrontare e di riassorbire (…) ci sono i cosiddetti precari (…) ci sono gli studenti, e forse neanche, in maggioranza, gli studenti frequentanti, che già si sono, per loro conto, collocati con un involontario atto di autoselezione gratificante in rapporto meno attivo con l’istituzione e con la formazione delle attività di carriera: ma gli studenti massificati e al tempo stesso sbandati, marginalizzati e sotto utilizzati, spesso con problemi di occupazione alle porte, che vivono a latere dell’Università imboccandone le porte solo e soprattutto al momento degli esami; quegli studenti che nessuno sa bene da dove vengano e nessuno sa dove vadano…». Dopo la radiografia dei tratti sociali ed esistenziali del movimento le considerazioni sul suo «estremamente difficile» rapporto con la politica : «…non è casuale che almeno la grande massa abbia rifiutato qualsiasi delega di direzione a qualsiasi partito e gruppo politico, cercando una propria identità pre-politica o trans-politica, che in alcuni momenti diventa qualunquismo puro e in altri un tentativo, sia pure ingenuo, di individuare da sé una strategia di movimento, contrapposta alle istituzioni, a tutte le istituzioni…». La conclusione è che il movimento è inadeguato a dare solo soluzione alle stesse ragioni e tensioni che lo animano “ Questo non significa che bisogna isolare il movimento: al contrario bisogna immetterlo in una dimensione e in una logica più vasta». Forse in questa frase sono contenute le ragioni che portano alla scelta di far intervenire Lama all’Università.111 La situazione politica è sempre più tesa. I corsivi e gli articoli dei quotidiani dei partiti sono un continuo botta e risposta, critiche, richieste, polemiche. La segreteria socialista fa propria la proposta avanzata da Manca di incontri bilaterali fra i partiti. Craxi, con una lettera inviata a tutti i segretari, formalizza la richiesta. Per La Malfa: «senza la collaborazione del Pci è quasi impossibile uscire dalla crisi». Commentando gli incontri che si avviano fra i partiti della non sfiducia Luciano Barca li definisce una continua «doccia scozzese».112 In programma nuove manifestazioni operaie. A Torino il 12 il Pci promuove una grande assemblea operaia al Palasport: unire la lotta del Nord con il disagio del Sud per uscire dalla crisi economica e per un diverso sviluppo. Sul settimanale «la Discussione» Andreotti conferma la validità della formula della «non sfiducia». Un quadro politico in lento e contraddittorio movimento ma lontano anni luce dalle tensioni agitano l’universo giovanile. Trattative estenuanti, diplomazie incomprensibili espressione di una politica e di uno Stato di cui si percepisce solo il volto repressivo, autoritario, ingiusto e contro cui si scatenano le forme organizzate dell’antagonismo sociale, i settori militanti del movimento. Area dell’autonomia sociale e Autonomia come gruppo s’intrecciano e si sovrappongono. La violenza diventa il drammatico comun denominatore. Dentro e ai bordi della galassia movimentista: il Partito Armato. In quei giorni tumultuosi matura la scelta di Lama all’Università. Bruno Vettraino , allora segretario della Camera del lavoro, così la ricostruirà in un’ intervista a Luca Villoresi della Repubblica nel 1997 : « La situazione dell’Università era già incendiaria. Il 12 ci fu una riunione alla Federazione romana con i socialisti e con i vari responsabili delle strutture interessate. C’erano Asor Rosa, allora segretario della sezione universitaria, Walter Veltroni, segretario della Fgci, Luigi Petroselli , nella sua qualità di segretario regionale (…) prendemmo sì in considerazione che si verificasse qualche tensione. Ma la nostra doveva essere una manifestazione concentrata sui precari. Così decidemmo di andare avanti senza troppe preoccupazioni»113. Il 13 le Br feriscono Valerio Traversi funzionario incaricato delle inchieste amministrative nelle carceri. A Firenze gli autonomi si scontrano con la polizia. Il 14 a Napoli l’Assemblea dei delegati dell’Alfa con 25 voti contrari su 400 approva la piattaforma per la vertenza.114 Dalle università continua il No alla legge Malfatti. Gli studenti napoletani lanciano la proposta di una conferenza di tutto il movimento con i sindacati e le forze politiche. In molte facoltà si preparano conferenze. Intanto il sindacato lavora allo sciopero indetto per il 23 febbraio. La tensione è alta. Alla Sapienza di Roma è aggredito Franco Ferrarotti, docente di sociologia. Intimidazioni contro Asor Rosa e Lucio Colletti. Le federazione del Pci e del Pdup si pronunciano contro le violenze. Gli autonomi alle ore 18 del 14 febbraio sfondano i cancelli dell’Università romana. Il 14 sempre nella ricostruzione di Vettraino la convocazione dei dirigenti della Federazione comunista romana a Botteghe Oscure : «…c’erano Ugo Pecchioli e Gerardo Chiaromonte. Ci spiegarono che il partito doveva dare un segnale e che il nostro comizio sulla vertenza sindacale si sarebbe dovuto trasformare in una manifestazione di più ampio respiro. Io e gli altri provammo ad esprimere qualche dubbio». Il racconto si sofferma anche su una scenata di Pajetta secondo cui “ era intollerabile che l’unico giornalista cui veniva regolarmente impedito l’ingresso nell’ateneo occupato fosse proprio il cronista dell’Unità». Si esaminano vari nomi per il comizio, Ingrao, Occhetto infine il segretario della Cgil « Andammo con Asor Rosa da Lama – continua Vettraino – Lui non aveva per nulla presente quello che stava accadendo all’università. Ed era convinto di diover venire a fare un discorso strettamente sindacale. Molti pensavano che sarebbe bastato il suo carisma per reggere la situazione. E anche noi in fondo, speravamo di portare in porto la manifestazione».115 Il 15 circa trecento giovani della Fcgi forzano i picchetti del movimento e convocano un’assemblea a Giurisprudenza che si pronuncia per la ripresa della didattica. All’assemblea, presente Walter Veltroni, parla Bruno Vettraino che annuncia la decisione del sindacato di promuovere all’interno dell’Università una manifestazione con Luciano Lama.116 Il 16 la notizia sull’«Unità» . Il movimento considera l’iniziativa una provocazione, un atto autoritario per dividerlo e ripristinare l’ordine nell’università occupata. Giovedì 17 febbraio alle ore 10 Lama è sul piazzale della Sapienza. Il camion che serve da palco è circondato dal servizio d’ordine del Pci e del sindacato. Formalmente la manifestazione è stata convocata dai sindacati della scuola e dell’università. Breve Racconto dell’episodio Csil e Uil respingono la proposta della Cgil di uno sciopero di solidarietà. Il 18 i giornali non escono. L’«Unità» del 19 «aggressione squadristica». L’editoriale è di Tortorella Saper vedere il pericolo, dire qualcosa Alessandro Cardulli intervista Lama che critica i violenti del movimento: «vanno contro la lotta degli studenti». La direzione del Pci approva un documento di condanna: unità e iniziativa di massa contro lo squadrismo, per rinsaldare il legame fra giovani e democrazia.117 Solidarietà formale a Lama dal «Popolo» che tuttavia scrive d’intolleranza comunista verso il dissenso. Su «l’Unità» Asor Rosa scrive , come recita il titolo dell’articolo , di Forme nuove di anticomunismo . Smarriti i militanti del Pci. L’assalto a Lama, la protesta giovanile, il partito armato, la turbolenza operaia, tutto serve a montare un clima anticomunista. I giornali sembrano inneggiare alla dissacrazione di Lama ed enfatizzano la nascita nel paese di un’altra opposizione. Il «Popolo» scrive: «Il Pci non può ripetere il gioco ambiguo del Sessantotto: metà insulti ai “ provocatori “, rivolti ai gruppuscoli, metà carezze per non perdere i contati col “movimento” senza contare che oggi c’è chi si domanda – e non gli si può dar torto –“ ma come il rettore di sinistra chiama la polizia per liberare l’università occupata soltanto se viene aggredito un rappresentante dei lavoratori comunisti? Ma come il senso dello Stato e del bene pubblico è unidirezionale?».118 I militanti del Pci sono confusi, attaccati su più fronti, incerti i dirigenti intermedi per lo più figli della stagione sessanttottina. Conoscono le vittorie, molto meno sanno reagire alle sconfitte e agli attacchi. E poi non sono neppure tanto convinti della linea. Molti criticano la scelta di Lama all’università, si domandano perché non si è stato in grado di respingere i violenti? Sottovalutazioni? Arrogante sopravalutazione della propria autorevolezza? Commentando i fatti di Roma, denunciati come «teppismo politico», l’«Osservatore romano» accusa sindacato e sinistra: «seminando vento si raccoglie tempesta», un titolo significativo Boomerang. Enzo Bettizza commenta sul «Giornale»: «Nel vuoto dei poteri creato a poco a poco dai comunisti nel sistema scolastico con la scalpitante connivenza del movimento studentesco, Lama rappresentava in quel momento il nuovo potere, il nuovo ordine, il nuovo sistema. Incarnava la seconda e complementare faccia del comunismo classico: l’autorità dopo il caos». Il 19 febbraio 20 mila studenti in corteo manifestano davanti Piazza del Gesù , sede della Dc .Il 26-27 febbraio si svolge il convegno dei delegati delle università. Il 2- 3 marzo scontri a Torino fra autonomi e servizio d’ordine del Pci. Inizia la sequela dei sabati di violenza nelle città. Lo scandalo Lockheed
L’11 febbraio la commissione inquirente, presieduta dal dc Mino Martinazzoli, consegna ai presidenti delle due Camere la relazione conclusiva sul caso Lockheed. La «Stampa» titola E’ tutto pronto per il processo a Gui e Tanassi 119. L’Inquirente con dieci voti su dieci ha assolto Mariano Rumor, un risultato reso possibile dal voto del presidente e dei socialisti. Il Parlamento si riunisce in seduta comune dal 3 all’11 marzo120. Il dibattito è un atto d’accusa che va oltre il caso specifico. Un processo politico al «regime» democristiano. Berlinguer non è presente all’inizio della seduta, è a Madrid per un incontro sull’eurocomunismo. Dalla capitale spagnola il suo giudizio: crisi e corruzione italiana si possono risolvere solo con l’ingresso del Pci e del Psi nel governo. Scrive Antonio Girelli: «dobbiamo affermare che nel caso Rumor il Psi ha peccato di ingenuità, mentre i comunisti vi hanno ribadito la loro consumata perizia. Il nocciolo della questione, infatti, non sta nella maggiore o minore onestà di Rumor. Il nocciolo della questione non sta nella maggiore o minore opportunità di riformare in sede parlamentare il giudizio…della Commissione inquirente…Il nocciolo della questione è un altro. La verità è che processare Rumor significava, in pratica processare “ tutta la Dc”».121 Atteso l’intervento di Moro. Ancora una volta la preoccupazione principale dello statista dc è l’unità del suo partito. La difesa di una storia e di un ruolo come risulta bene dalla risposta data , nella seduta, a Marco Boato che ha parlato di «processo alla Dc ». Replica Moro : «A chiunque voglia travolgere globalmente la nostra esperienza, a chiunque voglia fare un processo, morale, politico, da celebrare, come si è detto cinicamente, nelle piazze, noi rispondiamo con la più ferma reazione e con l’appello all’opinione pubblica che non ha conosciuto in noi una colpa storica e non ha voluto che la nostra forza fosse diminuita. Per tutte queste ragioni, onorevoli colleghi che ci avete preannunciato il processo sulle piazze, vi diciamo che noi non ci faremo processare. Se avete un minimo di saggezza, della quale, talvolta, si sarebbe indotti a dubitare, vi diciamo vivamente di non sottovalutare la grande forza dell’opinione pubblica, che, da più di tre decenni, trova nella Dc la sua espressione e la sua difesa». 122 . La sessione del Parlamento riunito in seduta comune termina alle 0, 15 dell’11 marzo Gui è rinviato alla Corte costituzionale con 487 voti contro 451, Tanassi è rinviato a giudizio con 513 voti, contro 425. I non parlamentari implicati, Duilio Fanali, Ovidio Lefebvre, Crociani sono rinviati a giudizio con 835 voti a favore e 63 contrari. La Corte costituzionale il 1 marzo del 1979 assolverà Gui dall’imputazione del reato di corruzione per atti contrari ai doveri d’ufficio «per non aver commesso il fatto».123
11 marzo la morte di Lorusso
Ore …dell’11 marzo. Circa quattrocento giovani di Comunione e Liberazione sono riuniti in assemblea, presenti i due principali leader del gruppo Rocco Buttiglione Roberto Formigoni. Una cinquantina di autonomi irrompe. Incidenti. La risposta del rettore è la richiesta dell’intervento della polizia. Segue lo sgombero, l’inseguimento, le cariche per le vie cittadine. Un colpo di pistola raggiunge il ventiquattrenne Francesco Lorusso. Alcuni studenti chiedono al sindacato di indire uno sciopero cittadino. Ricevono un rifiuto. Il Pci decide di far chiudere Piazza Maggiore. Difende la sua città rinserrato nella sua piazza storica. Attorno è guerra. La notizia della morte del giovane si diffonde. Sdegno, rabbia nel movimento. A Roma il movimento riunito alla Casa dello studente si discute della preparazione della manifestazione del giorno dopo. Sabato 12 l’appuntamento è a Piazza Esedra. Un corteo muove dalla Casa dello studente , la piazza si riempe. Comitati di lotta, Consigli di fabbrica e gruppi di lavoratori dei servizi. La Questura notifica il divieto di passare per via Nazionale, una via vietata ai cortei dal 1968. Si procede per via Cavour, a Piazza del Gesù i primi incidenti. Bottiglie molotov, poi colpi di arma da fuoco, le P38. Tre agenti feriti. Il corteo si frantuma in tanti spezzoni , reagisce con violenza alle cariche della polizia. Le vie di Roma sono devastate. A ponte Sisto è assaltata un armeria, portate via 40 pistole e 50 fucili. Gli sconti continuano. Piazza del Popolo, al Flaminio, al quartiere Prati. La gestione militare della manifestazione apre una spaccatura nel movimento. Berlinguer al Palasport: «pretese di totale irrazionalità e insensatezza, quali quelle che rifiutano irrazionalmente il lavoro produttivo, il duro tirocinio professionale, l’applicazione allo studio». «E’ certo che le difficoltà che incontriamo fra i giovani dipendono anche dalla politica che seguiamo. Ma questa politica è necessaria. Comporta dei prezzi, ma è una strada obbligata» così, secondo la ricostruzione di D’Alema, Berlinguer replica alle sue preoccupazioni sulla frattura che sta aprendosi fra giovani e istituzioni democratiche.124 Il 23 marzo sciopero generale di otto ore. A Piazza San Giovanni a Roma centomila partecipanti assistono al comizio di Lama, Benvenuto e Macario. Il sindacato non ha accettato di far parlare uno studente. Il movimento, ventimila persone, sfila in un corteo separato. I giorni successivi ancora scontri fra militanti di estrema destra e della nuova sinistra. A Milano i gruppi neo fascisti organizzano la settimana «anticomunista». Sparatorie. Attentati alle sezioni del Pci e della Dc. Il 2 aprile una lunga serie di azioni armate e violenze a Milano, Venezia, Firenze, bombe colpi di pistola contro caserme della polizia e dei carabinieri. Il 4 sono colpite sezioni della Dc in varie parti d’Italia. Il 5 un «Nucleo di militanti comunisti» fa scoppiare un ordigno davanti al carcere romano di Regina Coeli. A Napoli è rapito Guido de Martino il figlio dell’ex segretario socialista. Un misterioso sequestro che tale resterà. Dal 31 al 4 aprile la conferenza d’organizzazione della Dc. Un partito diviso che cerca di uscire dalla difficile situazione ma stenta a trovare le sue nuove alleanze. Non convinto di una fase che sa essere transitoria ma esita a vederne lo sbocco. Rinnovamento ma verso dove ? Continua l’interrogarsi, prudente, di Moro consapevole del mutarsi della società : rapido , imprevisto , come afferma nel suo intervento alla Conferenza . 125 Il 21 aprile il rettore dell’università di Roma Antonio Ruberti sollecita l’intervento della polizia per sgombrare le facoltà occupate. Fuori della Sapienza è guerriglia. Lanci di molotov. Gli scontri investono il vicino quartiere di San Lorenzo. I manifestanti rispondono alle forze dell’ordine con molotov e colpi di arma da fuoco. E’ ucciso l’agente Settimio Passamonti. Nel luogo dove è rimasto ucciso la scritta «Qui c’era un carruba, il compagno Lorusso è stato vendicato». L’assemblea del movimento che si svolge nel tardo pomeriggio ad Architettura registra una spaccatura fra l’area dell’autonomia che esalta il valore della giornata di lotta e il gruppo degli Undici secondo cui «il tipo di scontro che, seppure imposto dalla polizia, è stato addirittura “innalzato” da alcuni, è completamente estraneo alla maturazione del movimento, alla coscienza dei singoli militanti. Il movimento è quindi estraneo alla morte dell’agente Passamonti e chi la rivendica, la rivendica per sé, per la propria politica ed è al di fuori del movimento di lotta”. L’assemblea si chiude con una rissa , nella ricostruzione del 77 scritta dai componenti di quello che sarà definito il gruppo degli Undici leggiamo: «si è aperta ormai irreversibilmente quella divaricazione che si approfondirà sempre di più e che caratterizzerà il dibattito politico fino al convegno di Bologna, a settembre, e oltre».126 Il giorno dopo Cossiga alla Camera afferma: «Reagiremo con tutti i mezzi (…) non sarà consentito che i figli dei contadini meridionali siano uccisi dai figli della borghesia romana».127 Fino al 31 maggio sono vietate tutte le manifestazioni cittadine. Sui fatti di San Lorenzo il movimento è spaccato. All’Assemblea che si svolge ad Architettura è rissa fra Autonomia e i settori più moderati. Il 29 inizia l’assemblea del movimento a Bologna. L’«Unità»: Oggi inizia l’assemblea delle fazioni più facinorose del movimento studentesco.128 Il quadro è ben più articolato. Nell’assemblea si fronteggiano posizioni molto diverse fra loro. Il Pci non sa distinguere. Al comizio del 1° maggio Arrigo Boldrini, medaglia d’oro della Resistenza, avverte: mai più violenza a Roma. I resti di Lotta continua e Avanguardia operaia hanno aderito al corteo ma non possono entrare nella piazza bloccati dal servizio d’ordine sindacale. Il corteo dell’’Autonomia, nonostante il divieto, cerca di arrivare a Piazza San Giovanni. Sindacato e polizia gli fanno da argine. Più di duecento giovani fermati dalla polizia. Il 5 maggio iniziano gli incontri fra i sei partiti della non fiducia. Sulla «Discussione» Zaccagnini rassicura il suo partito: il dialogo con i comunisti non è «l’anticamera del compromesso storico».129 Un inequivocabile messaggio a Berlinguer. I radicali proseguono nella raccolta delle firme per i referendum quali. In questo clima si arriva al drammatico 12 maggio: l’anniversario della vittoria referendaria sul divorzio. I radicali, forzando il divieto Cossiga, indicono una manifestazione a Piazza Navona. Vi aderiscono i gruppi della nuova sinistra e l’assemblea dell’Università. Nella storica piazza scoppiano gli incidenti. La polizia carica. I manifestanti si dirigono verso Lungotevere, a ponte Garibaldi i colpi sparati dagli agenti uccidono la giovanissima Giorgiana Masi militante di Lotta continua. Sette ore di scontri e sparatorie. Emozione per la giovane uccisa, sdegno per il comportamento delle forze di polizia. Le foto pubblicate dal «Messaggero» accusano: erano presenti squadre in borghese e hanno sparato ad altezza d’uomo. Guerriglia urbana il 13 e il 14 maggio. A Milano ancora un morto, l’agente Antonino Custrà. E’ il tragico esito della manifestazione indetta per protestare contro la morte di Giorgiana Masi. Nuova divisione nel movimento il 17 alla facoltà di Economia di Roma. Tre mozioni. Il gruppo degli Undici chi sono cerca di arginare l’aggressività dell’Autonomia. Non c’è tregua. Intanto si svolgono i congressi sindacali . Il 6 giugno Lama è confermato segretario dellaCGIl, il 14 si svolge il congresso della Cisl : Macario e Carniti prevalgono su Marini. Macario è eletto segretario
Mentre il paese è sconvolto dalla violenza, colpito ed emozionato dalle giovani vite spezzate, impaurito, i partiti hanno proseguito nel lento procedere di una trattativa infinita per andare oltre il governo della non sfiducia. La polemica sulla conferenza operaia del Psi ( P.P. Punti deboli dell’alternativa , Il Popolo 8 maggio 1977 ) Cronistoria…..130 Il 28 giugno il vertice con i segretari approva il programma con un preambolo politico. Moro propone di presentare una mozione in Parlamento per far diventare il programma un atto ufficiale del governo. Berlinguer ripete ai giornalisti che il Pci resta convinto della necessità di un nuovo governo con la sua partecipazione, tuttavia occorre prendere atto che per i «dinieghi» posti non esistono ancora le condizioni per questa svolta. L’accordo a sei è stato appena siglato il 29 si apre a Bologna il VII congresso nazionale dell’Uil. Giorgio Benvenuto non nasconde le sue riserve sull’intesa e sul quadro politico che va determinandosi « un bipolarismo senza prospettive di alternanza» che avrà «riflessi preoccupanti sulla dialettica delle forze politiche e sociali». L’«Avanti!» resoconta, con una qualche soddisfazione, Niente genuflessioni al “quadro politico”. Nella ricostruzione – riflessione su quegli anni Chiaromonte ricordando le molte riunione che precedettero l’accordo scrive: « I socialisti furono sempre un po’ defilati in tutto il corso della trattativa, e non si può dire che riuscirono a dare un contributo di rilievo nel merito dei problemi di cui discutevamo».131 Nel Psi c’è diffidenza verso un avvicinamento fra Dc e Pci, domina la preoccupazione di restare tagliati fuori. L’8 luglio Napolitano illustra il programma a medio termine predisposto dal Pci. Scrive Barca: «E’ un mix per fortuna non sarà mai sanzionato da un voto e resterà negli scaffali di Botteghe Oscure» e aggiunge «un merito tuttavia lo ha. Al di là dei suoi contenuti e dei mille compromessi: testimonia che il programma del partito non si annulla nel programma dei sei partiti, ma ha una sua distinta identità».132 Rossana Rossanda lo liquida come «un coerente punto d’approdo riformista».133 Il piano resterà sulla carta, svogliatamente e ben poco discusso nelle sezioni comuniste. Il 12 luglio inizia la discussione in Parlamento. Galloni illustra la mozione.134 Il Psi pur approvando la mozione attenua il significato dell’’accordo. Craxi lo considera una «testimonianza politica» di cui non sottovaluta il valore «poco o tanto che duri, un’intesa siffatta non può non apparire come atto di responsabilità delle forze politiche verso il paese e verso le istituzioni». Tuttavia essendo state «prevalenti le volontà dei due maggiori partiti» a essi spetta «la responsabilità principale dell’applicazione dell’accordo». Citare vedi Fiori p. 323I socialisti – prosegue – rivendicano «l’assoluta libertà di giudizio, ampia autonomia di comportamento».135 Berlinguer interviene il 14: «Non siamo ancora a quella che noi chiamiamo “svolta” e cioè ad una coalizione della quale facciano parte, insieme, i due partiti del movimento operaio. Qui è il limite, qui sta l’incongruenza, qui si apre una contraddizione che non potrà durare a lungo e che dovrà essere superata andando avanti, in modo da liquidare in modo definitivo quella pregiudiziale anticomunista che non è ancora scomparsa».136 Prima della mozione si vota l’articolato. L’introduzione, la diagnosi sullo stato del paese; Proposte comuni pur mantenendo ogni partito visioni diverse; Ordine e sicurezza; politica economica, rapporti fra Stato e regioni ed Enti locali; Scuola e università, Problemi dell’informazione. Si astengono i demonazionali, i repubblicani si astengono sulle questioni economiche i demonazionali votano sull’ordine pubblico. Occhetto sull’«Unità» : «L’intesa può rappresentare un colpo d’arresto al dilagare della disgregazione e dei particolarismi», resta l’interrogativo sui suoi sviluppi, il «verso dove»137. Craxi giudica l’intesa «un punto di riferimento più certo». Enrico Manca è meno ottimista e definisce di «una asprezza stringente» il divario fra l’accordo e il monocolore Andreotti. Per il «Popolo»: «un accordo travagliato».138 Zaccagnini: «L’accordo è uno strumento per fronteggiare la crisi ma non un “mezzo” di rottura del quadro politico generale e di diversa aggregazione di maggioranze organiche tra i partiti che sono “ per tradizione, per vocazione, per mandato elettorale diversi” Riconoscerà successivamente Chiaromonte: «In sostanza, il fatto politico nuovo dell’accordo non era riuscito, anche per i suoi limiti intrinseci, a dare una risposta positiva alle pressioni che da mesi e mesi venivano avanzate dai sindacati, e anche dalle masse lavoratrici e popolari, attraverso scioperi e manifestazioni, per una nuova politica economica che fosse capace di affrontare i problemi della riconversione industriale, dello sviluppo del Mezzogiorno, dell’occupazione».139 La strategia del compromesso storico sta manifestando tutte le sue contraddizioni. Il 20 il comitato centrale comunista discute l’accordo programmatico. Relaziona Chiaromonte, l’«Unità» presenta il suo intervento sotto il titolo Il programma un terreno più avanzato per la lotta e l’unità. Il Pci sta gestendo l’emergenza . Una consapevolezza che traspare negli interventi. Il giudizio sull’intesa si accompagna alla necessità di spingere per un ulteriore passo in avanti. Chiaromonte valorizza il risultato ottenuto ma nella prospettiva dell’attuazione del programma concordato non manca di accenti autocritici : « Nessun attesismo, nessuna delega. Si debbono evitare gli errori in cui siamo caduti dopo il 20 giugno quando non siamo riusciti a suscitare e dirigere movimenti di massa adeguati che coinvolgessero una parte grande degli elettori e della stessa Dc. Ciò accadde anche perché non riflettemmo a sufficienza dopo il 20 giugno sul significato del voto: un voto che non consentiva alla Dc di governare contro le sinistre, ma che non consentiva neppure il contrario: un voto che spingeva nella direzione della politica unitaria, come unica strategia per salvare il Paese e avviare una politica nuova».140 L’«Avanti!» commenta positivamente la relazione e i lavori del comitato centrale comunista «una tappa importante nei rapporti fra Psi e Pci». Giudizio che non piace al Psdi il cui segretario, Pierluigi Romita, accusa il Psi di «lasciarsi sedurre» dalle «strizzate d’occhio del Pci» verso il quale ,invece , suggerisce di incalzare nella polemica politico-ideologica. Craxi in direzione avanza la proposta di un congresso anticipato da svolgersi nella primavera del 1978. Il dopo Midas non ha risolto le questioni interne. Il 21 il consiglio dei ministri approva i decreti attuativi della 382 con cui si assegnano più poteri alle regioni. L’«Unità» con editoriale di Fanti, sindaco di Bologna …. esalta il risultato Colpito a fondo il vecchio Stato.
Il 5 luglio «Lotta continua» pubblica l’appello Contro la repressione in Italia. Firme autorevoli: Jean Paul Sartre, Michel Foucault, Gilles Deleuze, Felix Guattari, Roland Barthes e Maria Antonietta Macciocchi. Il gotha della cultura francese. Un attacco al Pci: «Noi vogliamo attirare l’attenzione sui gravi avvenimenti che si svolgono attualmente in Italia e sulla repressione che sta abbattendosi sui militanti operai e sui dissidenti intellettuali in lotta contro il compromesso storico…». Conclude «I sottoscritti chiedono la liberazione immediata di tutti i militanti arrestati, la fine della persecuzione e della campagna di diffamazione contro il movimento e la sua attività culturale proclamando la loro solidarietà con tutti i dissidenti attualmente sotto inchiesta». Il dibattito diventa la «germanizzazione» dell’Italia. Cosa accade in Germania Gli intellettuali italiani minimizzano, prendono le distanze. Franco Fortini sul «manifesto» del 9 luglio ridicolizza i firmatari, vi torna qualche giorno dopo su «Lotta continua»: «una lega degli scontenti. Ma cos’è questo risorgente partito di letterati, psicanalisti, sociologi, filosofi e poeti? Non c’è neanche un tramviere».141 Il 15 luglio Lotta continua convoca per settembre il convegno, la città scelta è Bologna, il simbolo del potere comunista in Italia. Per tutta l’estate la grande paura. Si teme il peggio. Il 5 settembre la Raf , …, sequestra Hans Martin Schleyer, presidente degli industriali tedeschi. Alla festa dell’Unità di Modena, il 19 settembre, Enrico Berlinguer mette in guardia dalle possibili provocazioni e parla dell’imminente convegno di Bologna come di un raduno di «untorelli».142 Alle 21 di quella domenica , a Torino, cinque colpi alle gambe sono sparati contro Nino Ferrero, critico cinematografico e teatrale del quotidiano comunista. Nelle mani del giornalista ferito gli attentatori lasciano una sintetica rivendicazione : « Azione rivoluzionaria punisce un bastardo al servizio del regime. Lotta armata per una società di liberi e di eguali». Il 20 Magri sul «manifesto» critica le affermazioni di Berlinguer a Modena , le considera una dichiarazione di guerra contro chi si colloca a sinistra del Pci.143 Norberto Bobbio sulla «Stampa» si dichiara «completamente d’accordo con Magri» e contesta «l’accusa generalizzata di fascismo a tutti i movimenti alla sinistra del partito comunista è storicamente scorretta».144 Il giorno dopo sullo stesso quotidiano la dura replica di Berlinguer : « Non ho tacciato di fascismo “tutti i movimenti a sinistra del Pci”. Se avessi detto ciò, avrei compiuto una semplificazione fin troppo superficiale e banale, quindi un errore. Io ho detto un’altra cosa. Coloro che con l’etichetta dell’”autonomia” scatenano le aggressioni, le violenze, le devastazioni più cieche e gratuite usando armi proprie e improprie; coloro che dichiarano di voler agire come “partito armato” contro ogni istituzione della nostra società civile; coloro che programmaticamente scelgono come bersaglio dei loro attacchi teppistici e delle loro azioni criminali il movimento operaio e quindi anche il Pci, i suoi dirigenti, i suoi militanti, i suoi giornalisti; coloro che non esitano a imporre la loro prevaricazione persino a chi da essi dissente nell’area dell’estremismo; ebbene, costoro non possono rappresentare una corrente con cui, fosse pure da distanze abissali, sia possibile tentare di stabilire un dialogo. Con tutti gli altri sì (…) Ma di fronte agli “autonomi” abbiamo il dovere di essere netti: si tratta di irrazionali ma lucidi organizzatori di un nuovo squadrismo, e non sono definibili in alcun altro termine se non con quello di “nuovi fascisti”».145 Il 23 si apre il convegno internazionale sulla repressione. 50 mila giovani. Relatori Maria Antonietta Maciocchi, la giornalista è ancora iscritta al Pci la tessera del nuovo anno gli sarà rifiutata per la partecipazione al convegno, e Felix Guattari. Si ripropone lo scontro fra autonomia e movimento. Scrive Scalfari a Bologna è «in gioco una posta assai grossa si giudica- quasi in laboratorio- la capacità di governo e il tasso di tolleranza e di democrazia del Pci». Un processo al Pci da cui la città e il Pci escono bene: sezioni aperte, sale concesse agli avversari gratuitamente dal comune, cooperative che distribuiscono pasti ai giovani arrivati da tutta Italia «Poteva essere una Waterloo per il Pci. Ebbene sta diventando una vittoria campale».146 Sito sul convegno di Bologna http://www.tmcrew.org/movime/mov77/home2.htm Difficile per i convenuti a Bologna trarre un bilancio unitario. Spunti di riflessione. Parole d’ordine che si avvicinano fra loro ma assenza di un progetto comune. Molte le tavole rotonde, i confronti fra gli esponenti dei vari spezzoni del movimento. L’unico filo comune è l’opposizione al compromesso storico e l’ansia di ridefinire modi e forme di una lotta libertaria e al tempo stesso anticapitalista. Un dato è certo Bologna è un’altra tappa della separazione fra il movimento e l’autonomia. «Rosso» insiste sulla ineluttabilità di costruire un momento politico che scrive noi continuiamo a chiamare partito». Una conseguenza del giudizio del fallimento dell’iniziativa : «Dopo Bologna non solo si è consumata la fine di quello che è stato chiamato “il movimento del 77” sulle sue cause per ora non ci soffermiamo , ma sono rimasti aperti , per noi in modo preoccupante i problemi di fondo inerenti all’Autonomia operaia organizzata. Non è marciato cioè quel processo di centralizzazione politica , nel programma e di organizzazione, che tutti i compagni ponevano e pongono come condizione necessaria per l’adeguamento delle forze rivoluzionarie nel nostro paese ai livelli di scontro che il capitale ha scelto e imposto alla classe operaia».147 Ad emblematizzare il passaggio di fase la rivista cambia il sottotitolo del giornale , la scritta giornale dentro il movimento diventa per il potere operaio.
Tensioni
Il 27 settembre in Parlamento Donat Cattin presenta il Piano energetico nazionale, una spesa di 20 mila miliardi. Contrari alla scelta nucleare Psi, Dp i radicali e la Flm. Oltre 300 scienziati presentano al presidente della Camera Ingrao una lettera per una moratoria. Il 28 settembre scioperano per l’occupazione il milione di lavoratori impegnati nelle partecipazioni statali. Sono trascorsi solo quattro giorni dalla conclusione delle giornate bolognesi , il 30 settembre a Roma è ucciso il militante di Lotta continua Walter Rossi. Sta distribuendo volantini a poca istanza dalla sezione del Msi di via Medaglie d’oro. Immediate le reazioni . A Roma appena diffusa la notizia manifestazione davanti alla sede del da cui è partito il commando assassino. Il giorno dopo la mobilitazione continua. A Torino, la manifestazione di Autonomia per protestare contro la morte di Walter Rossi si conclude con duri scontri con la polizia Nel corso degli incidenti è incendiato il bar l’Angelo Azzurro, frequentato da giovani di destra. Nel locale trasformato in un rogo rimane imprigionato il ventunenne Roberto Crescenzo , morirà il 31 ottobre dopo due giorni di agonia. Nelle giornate successive tra il 1 e il 3 ottobre scontri a Roma, Milano e Bologna ,Perugia, Napoli, Caserta, Taranto, Venezia. Il 3 ottobre a Roma i funerali di Walter Rossi. Una folla immensa. Il «manifesto» scrive : « Finalmente, dopo tanti mesi nessuna divisione di età, di abbigliamento sociale separa gli uni dagli altri». Una fugace speranza. Nella Dc le correnti discutono. All’inizio di ottobre il convegno della sinistra di base presenti De Mita, Martinazzoli e Galloni. I dorotei si riuniscono a Montecatini , relaziona Piccoli, contro ogni intesa con Pci si scatena Bisaglia. Il 5 ottobre è approvato il Piano nazionale per l’energia. Prevede la costruzione di 8 centrali da 1.000 megawatt. Contro Pr e Dp, si astengono Psi e Pli, a favore gli altri partiti. Protestano gli antinucleari, il 12 sono a Montalto di Castro. La Flm ribadisce la sua contrarietà al Pen. Nel paese si lotta nelle fabbriche. Occupazioni, blocchi ferroviari. Il 12 ottobre a Roma la polizia perquisisce Radio Onda Rossa e Radio città futura. Sono accusate di incentivare gli scontri. Su «Rinascita» lo scritto di Berlinguer indirizzato al vescovo di Ivrea Monsignor Bettazzi. Comunisti e cattolici: chiarezza di principi e base di un’intesa. Il 16 ottobre Di Giulio presenta una interrogazione alla Camera sul caso Sindona . Dalla Germania notizie drammatiche : il 18 ottobre la Raf uccide Hans Martin Schleyer, l’industriale che aveva sequestrato il 5 settembre. Il 18 ottobre i ministri finanziari illustrano la situazione economica . Al Senato, Il 19 ottobre, una dichiarazione congiunta a favore della distensione. Gadner annota nelle sue memorie che la dichiarazione «estendeva la portata dell’accordo programmatico all’ambito della politica estera. Anche se in questo caso specifico il Pci non aveva richiesto importanti revisioni nella politica estera in cambio della sua sottoscrizione, si poteva forse essere sicuri che non lo avrebbe fatto in un’altra occasione». Torbide manovre attorno al Corriere . Scrive su «l’Unità» Spriano « Operazioni di queste proporzioni e di questa natura non si spiegano con la semplice ricerca del profitto da parte di un “editore”. Chi investe tanti soldi , sapendo bene che i deficit dei giornali comprati sono apurosi, si ripromette evidentemente fini che non sono quelli di guadagnare con la carta stampata».148 Il 23 settembre Scalfari commenta il cambio di direzione al Corriere: Angelo Rizzoli « nei giorni scorsi , dovendo sostituire Ottone (…) è venuto a Roma e ha fatto, come si suol dire, il “giro delle sette chiese” : si è incontrato con tutti i segretari dei partiti e con tutti gli sceicchi democristiani che contano e gli ha sottoposto una rosa di nomi di candidati alla direzione del “ Correre”. Il nome di Di Bella è uscito da questa procedura» Il 22 ottobre le dimissioni di Piero Ottone da direttore del «Corriere» . Bruno Manfellotto scrive su «Astrolabio» : «L’improvvisa iniezione di soldi nella casa editrice Rizzoli ha una data, il 15 giugno 1975 (…) Non crediamo all’assalto bavarese a via Solferino. Le banche hanno ritrovato la loro fiducia in Rizzoli grazie ad autorevoli pressioni di chi nelle banche ancora detiene il controllo pressoché assoluto : i democristiani». Il 24 ottobre è varata la riforma dei servizi segreti. Nel paese continua la sequela dei ferimenti e degli agguati dei gruppi armati . A Catanzaro il processo per Piazza Fontana. A Napoli il processo per le schedature Fiat. Cossiga al Senato il 27 ottobre lancia di nuovo l’allarme terrorismo . Il nemico inafferrabile , sconosciuto che punta a destabilizzare il sistema spezzando l’alleanza fra « forze borghesi tradizionali e le forze di sinistra e sindacali». Il 28 ottobre arriva a Roma Kissinger reduce dalla riunione della Trilateral. Nel vertice ha ribadito la contrarietà dell’amministrazione americana a qualunque concessione ai partiti comunisti. Il 31 una strana esplosione in un incidente aereo muore il generale dei carabinieri Enrico Mino.
la Biennale del dissenso
A Venezia la Biennale del dissenso, fanno gli onori di casa presenti Craxi e De Michelis.
Fare Berlinguer a Mosca
Il 2 novembre 1977 Berlinguer è a Mosca per il 60° della Rivoluzione d’ottobre. Il suo è un intervento breve ma di eccezionale significato. La democrazia come « valore storicamente universale sul quale fondare un’originale società socialista». E’ questa la ragione della lotta unitaria dei comunisti italiani , che cercando costantemente l’intesa con le forze di ispirazione socialista e cristiana , si battono per «realizzare una società nuova, socialista che garantisca tutte le libertà personali e collettive, civili e religiose, il carattere non ideologico dello Stato ,la possibilità dell’esistenza di diversi partiti , il pluralismo nella vita sociale, culturale e ideale»149 . E’ un momento impegnativo del dibattito politico italiano . Non si sono spenti gli echi delle riunioni dei vari partiti , consiglio nazionale Dc, Comitato centrale del Psi e del Pci. Il 3 le Br hanno gambizzato il consigliere regionale della Dc Publio Fiori. Lo stesso giorno hanno scioperato per il rinnovo contrattuale i 300 mila dipendenti pubblici , una grande manifestazione si è svolta a Roma. Inoltre lo sciopero dei tessili 1milione e mezzo di lavoratori . Il 4 scioperano i 600 mila dipendenti degli enti locali. Il consiglio nazionale della Flm vara un piano di lotte. In questo clima i commenti al discorso di Berlinguer . Unanime l’appressamento. Eccezione significativa il «Corriere» 150 . Non sono più i tempi della direzione di Piero Ottone La Malfa va oltre : « Le dichiarazioni di Berlinguer a Mosca – scrive sulla «Voce Repubblicana» – sono considerate dagli altri partiti un presupposto per una discussione programmatica più franca, senza sottintesi e senza riserve palesi o nascoste ? Ecco un problema dal cui esame non si può sfuggire e sul quale atteniamo delucidazioni e risposte»151. Il leader repubblicano ha posto la vera questione all’ordine del giorno. Ancora più esplicito nell’intervista che concede a Scalfari 152 . Denuncia la «paralisi del governo» e la «stasi totale della situazione politica» e si domada se si può ancora andare avanti così. Ormai considera mature le condizioni per sperimentare un governo d’emergenza anche se , prudentemente, aggiunge che questa formula « Non è l’unica. Si può andare per fasi intermedie. Anzi forse è opportuno procedere per fasi intermedie». Parole che «Repubblica» interpreta per una preferenza di La Malfa per un bicolore Dc-Pri con una maggioranza comprendente il Pci. Craxi prende atto delle novità tuttavia non manca di insistere sui limiti del Pci. Rispetto alla situazione italiana afferma : «L’esigenza di un quadro politico diverso dall’attuale nasce dalle ragioni profonde della crisi italiana e dalla necessità di farvi fronte realizzando un’ampia convergenza di propositi e di responsabilità che deve riflettersi in una espressione politica organica comprendente tutte le maggiori forze di sinistra». La segreteria della federazione sindacale in vista del direttivo chiede un chiarimento al governo sulla politica economica e sull’occupazione .153 Alfredo Reichlin , pur riconoscendo che le proposte economiche del leader repubblicano sono «discutibilissime e che egli si illuda sul ruolo storico del capitalismo italiano», dà atto a La Malfa di aver posto il problema reale che è di fronte alle forze politiche, andare superare le logiche di schieramento , le formule e le pregiudiziali ideologiche per porre fine alla preclusione nei confronti del Pci su cui è necessario si pronuncino tutti, a cominciare dalla Dc».154 Su «Rinascita» Chiaromonte scrive « Le cose non vanno bene (…) ci sono resistenze, inerzie e anche ritardi inspiegabili» Il 9 si riunisce la direzione della Dc. Conclusioni precarie. Timide aperture e resistenze, palesi e sotterranee.A Roma manifestano insieme lavoratori e studenti, l’«Unità» titola Un movimento nuovo . A Milano i metalmeccanici presidiano le fabbriche. Il direttivo della Federazione sindacale richiama il governo a una rigorosa politica economica. Il 9 novembre è arrestato il bancarottiere Michele Sindona. Noti i suoi rapporti col potere democristiano e le sue collusioni con la criminalità mafiosa. Sui giornali imperversa la polemica sul terrorismo. Sulle cause , le origini, le contiguità , su come fronteggiarlo. La Dc non perde occasione, seguita dai quotidiani più conservatori , per accusare il Pci di «corresponsabilità morale» per l’ondata terroristica che colpisce le sue sedi e i suoi esponenti . Sul «Corriere» lo scrittore Italo Calvino , dopo aver ricordato i troppi interrogativi lasciati senza riposta a partire dalle bombe di Piazza Fontana del dicembre 1969 , replica alla contestazione al Pci che non si può considerare responsabile della violenza chi cerca la verità e denuncia scandali e corruzione ma chi tace , chi copre, chi preme per soffocarli. Il 5 novembre l’ambasciatore americano in Italia Gardner incontra Moro. Il 15 novembre il ministro dell’Interno Cossiga alla Camera comunica i dati sull’ordine pubblico: 628 attentati nel 1975 , 1198 nel 1976, 1693 nei primi dieci mesi del 1977. A fine anno per il Viminale 2.128 attentati, 17 morti e 45 feriti. 15 novembre Gadner intervista al corriere. 15 novembre sciopero dell’ industria. Sulla «Stampa» del 9 novembre il vicedirettore Carlo Casalegno scrive l’articolo che lo condanna a morte Non occorrono leggi nuove, basta applicare quelle che ci sono. Terrorismo e chiusura dei covi155. Il 16 l’agguato e il ferimento da parte di un commando di Prima Linea, il giornalista morirà il 29 novembre dopo 13 giorni di agonia. Dopo le gambizzazioni, il primo giornalista ucciso dal partito armato. Il figlio del giornalista, Andrea , è un militante di Lotta continua. Sul giornale si apre la riflessione autocritica : «Le Br puntano evidentemente, secondo la logica antiproletaria del terreno bruciato che si coniuga con i piani liberticidi del governo, a una nuova sterzata a destra che avalli e incrementi l’esistenza della clandestinità in un paese stravolto». « Due ore dopo l’attentato tutti noi della sinistra rivoluzionaria eravamo più deboli di prima. Ma la violenza non possiamo far finta che non esista. La violenza è uno strumento politico». A Torino il 17 è gambizzato Carlo Castellano, membro del comitato regionale del Pci e dirigente dell’Ansaldo. Il governo di programma si sta dimostrando dimostrato un’effimera illusione. Rapporti politici peggiorati, scandali e torbide manovre , proliferano sigle e azioni armate. Un paese impaurito che deve fronteggiare la pesante emergenza economico – sociale.
1 Elezioni 20-21 giugno 1976 : Camera dei deputati – Senato della Repubblica. 2 II governo Andreotti, giugno 1972-giugno 1973; IV Rumor, luglio 1974-marzo 1974; V Rumor, marzo 1974-ottobre 1974; IV Moro, novembre 1974-gennaio 1976; V Moro, febbraio 1976-aprile 1976. 3 Piero Ottone, Desiderio di novità, «Corriere della sera», 17 giugno 1975 4 Francesco De Martino «Avanti !»; Francesco De Martino intervistato da Eugenio Scalfari, Metti le carte in tavola, compagno Berlinguer, «la Repubblica», 14 gennaio 1976. 5 Alessandro Natta, Alla luce del sole, «l’Unità»,15 gennaio 1976. 6 Enrico Berlinguer, Imperialismo e coesistenza alla luce dei fatti cileni, «Rinascita», 28 settembre 1973; Via democratica e violenza reazionaria, «Rinascita», 5 ottobre 1973; Alleanze sociali e schieramenti politici, «Rinascita», 12 ottobre 1973. 7 Eugenio Scalfari, L’ultimo congresso delle confraternite, «la Repubblica», 16 marzo 1976. 8 Eugenio Scalfari La paura di vincere, «la Repubblica», 23 aprile 1976; l’articolo è una risposta a Claudio Petruccioli, La psicosi da Totalizzatore, «l’Unità», 22 aprile 1976. 9 Nettamente spostati a sinistra i rapporti di forza nel Parlamento uscito dalle elezioni del 20 giugno – Nuova impetuosa avanzata del PCI - I comunisti oltre l’eccezionale risultato del ’75 La Dc recupera a spese del centro e della destra- Il Psi sulle posizioni del ’72 – Calo del Msi - Nel grande successo comunista determinante la spinta del Mezzogiorno, nella quale spicca lo straordinario risultato di Roma – Brillantissimo esito nelle Regioni “ rosse”, nei grandi centri industriali, a Roma e nel Lazio; Dichiarazione di Berlinguer, «l’Unità», 23 giugno 1976. U 1 10 Rocco Pellegrini, Guglielmo Pepe ,«Unire è difficile», Breve storia del Pup per il comunismo, Colloqui con V.Foa, V. Parlato, L.Pintor, Savelli, Roma, 1977. 11 Giorgio Galli, «Il bipolarismo imperfetto», Il Mulino, Bologna, 1965. 12 Alberto Rapisarda, Che governo con questi seggi alla Camera?- DC 263 – PCI 227, «Stampa Sera», 22 giugno 1976 ; St1; A.Sensini, Si potrà governare? ; Luigi Bianchi, La Dc guiderà il nuovo governo, ma non si sa a quali condizioni, «Corriere della sera», 22 giugno 1976; Eugenio Scalfari, Tocca al Psi parlare per primo, «la Repubblica», 24 giugno 1976. 13 Enrico Berlinguer intervistato da Gaetano Scardocchia, Berlinguer : ora aspettiamo le mosse dei democristiani, «La Stampa», 23 giugno 1976. St2 14 Claudio Petruccioli, Fine della centralità, «l’Unità», 24 giugno 1976. U2 15 La risoluzione della direzione, «l’Unità», 25 giugno 1976. U3 16 Ansa 99/3 del 24 giugno 1976. 17 Giovanni Trovati, Le prime battute, «La Stampa», 26 giugno 1976. St3 18 Denis Mack Smith, La ricetta pronta del trasformismo, «La Stampa», 26 giugno 1976. St4 19 Vittorio Zucconi, Usa : Un centro sinistra con promessa di aiuti ; Alberto Cavallari, Kissinger a Parigi: coalizione democratica , «La Stampa», 26 giugno 1976. St5 20 Vittorio Zucconi, I grandi ci aiutano a certe condizioni, «La Stampa», 28 giugno 1976. 21 Corrado Guerzoni, Aldo Moro Sellerio 2008), (Filippo Ceccarelli, «Repubblica», 13 gennaio 2008 il golpe inglese); Antonio Varsori, Puertorico (1976): le potenze occidentali e il problema comunista in Italia, «Ventunesimo secolo», n.16, ottobre 2008. 22 Comitato centrale del Pci del 2-3 luglio 1976 , Relazione e conclusioni di Chiaromonte – Il dibattito – la risoluzione approvata - «l’Unità», 3 – 4 luglio 1976 23 Enzo Roggi, Dopo una riunione di direzione Il Pci chiede una delle due Camere - Oggi un incontro di tutti i partiti democratici per le cariche parlamentari - Contrasti nella DC - La direzione socialista ribadisce la richiesta di un accordo governativo senza preclusioni a sinistra - Il Pri in posizione di attesa, «l’Unità», 3 luglio 1976. U4 24 Giulio Andreotti, «Diari, 1976-1979», Gli anni della solidarietà, Rizzoli, Milano, 1981,17-18, nota del 3 luglio 1976. 25 Aperta con un significativo atto unitario la settima legislatura Il compagno Ingrao presidente della Camera , «l’Unità», 6 luglio 1976 26 Emanuele Macaluso, E ora che la Dc deponga l’arroganza del potere , «l’Unità», 11 luglio 1976. U5 27 Discorso d’insediamento di Pietro Ingrao, VII Legislatura, Camera dei deputati, seduta n. 1, 5 luglio 1976. 28 Discorso d’insediamento di Amintore Fanfani, VII Legislatura, Senato della Repubblica, seduta n. 1 , 5 luglio1976. 29 Giulio Andreotti, «Diari 1976-1979», cit., p.19, nota del 7 luglio 1976. 30 Guido dell’Aquila – Gianni Palma , Il giudice Occorsio ferocemente ucciso da un gruppo di sicari fascisti a Roma; Editoriale , Il dovere di agire ; Paolo Gambescia, Si occupava di tre inchieste : fascisti , fisco e sequestri , «l’Unità», 11 luglio 1976 31 Illustrata a Leone la proposta comunista per uscire dalla crisi - Un governo che nasca dall'intesa fra tutte le forze democratiche ; La dichiarazione di Berlinguer, «l’Unità», 13 luglio 1976. U6 32 Giulio Andreotti, «Diari 1976-1979», cit., nota del 13 luglio 1976, pp. 20-21; Lamberto Furno, Andreotti “ignora” la vicenda, «La Stampa», 20 luglio 1976. 33 La relazione del compagno De Martino sui problemi dell’iniziativa socialista – La direzione rimette il mandato al comitato centrale - Il dibattito – Approfondito esame al Comitato centrale dei temi politici e del rinnovamento del partito – Il Comitato centrale ha eletto la nuova direzione del partito – La direzione ha eletto il compagno Craxi segretario del partito, «Avanti!», dal 13 al 17 luglio 1976. 34 Antonio Giolitti intervistato da Giovanni Valentini,“ Vi racconto cos’è il craxismo”, «la Repubblica», 20 dicembre 1992; Vittorio Emiliani , Ci insegnò moralità e cultura, «l’Unità», 9 febbraio 2010. fare pdf 35 Fausto De Luca , Un tedesco del Psi che non ama il Pci, «Repubblica», 17 luglio 1976. fare pdf 36 Italo Pietra, «E adesso Craxi», Rizzoli, Milano, 1990, p. 8, 37 Chiara Valentini, «Berlinguer», Mondadori, Milano,1989, p.314. 38 Giulio Andreotti, «Diari 1976-1979», cit. p. 22, nota del 16 luglio 1976. 39 Passaggio ricostruito da Emanuele Macaluso , Le coerenze dell’alternativa, «Rinascita«, 25 luglio 1987. Fare 40 Una sintesi del documento di Andreotti sull’Unità del 23 luglio 1976. 41 Dichiarazioni di Berlinguer dopo l’incontro,«l’Unità» 23 luglio1976.U7 42 Chiara Valentini , «Berlinguer il segretario », cit, p. 119. 43 Alessandro Natta intervistato da Candiano Falaschi, Misureremo programma e governo in base alle esigenze del paese,«l’Unità», 25 luglio 1976. U8 44 Cfr. Mario Angius, La crisi di governo all’esame della Dc ,«Il Popolo», 27 luglio 1976 P1 ; Dc – Direzione 27 luglio 1976, La direzione Dc unanime per il “ monocolore”di Andreotti - La relazione di Zaccagnini - Andreotti: clima e volontà costruttivi ; Un gesto coraggioso,« Il Popolo», 28 luglio, 1976. 45 Giorgio Galli, «Storia della Dc», 1943-1993: mezzo secolo di democrazia cristiana, Kaos Edizioni, 2007, p. 339. 46 Eugenio Scalfari, “ Déjeuner sur l’herbe” con Zac e Andreotti, «la Repubblica», 30 luglio 1976. 47 Barbagallo, «Enrico Berlinguer» , cit., p. 277-278 48 Verificare…. 49 Giulio Andreotti, Dichiarazioni programmatiche, VII Legislatura , Senato della Repubblica, seduta n4 , 4 agosto - Discussione, seduta antimediana n. 5 , 5 agosto - seduta n. 6 pomeridiana, 5 agosto - seduta antimeridiana n. 7, 6 agosto 1976 – Replica , Dichiarazioni di voto, votazione sulla fiducia, seduta n.8 , pomeridiana, 6 agosto 1976; Camera dei deputati, seduta n. 7 , 4 luglio - Discussione , seduta n.9 , 9 agosto - seduta n10 ,10 agosto - Replica, Dichiarazioni di voto, Votazione, seduta n.11, 11 agosto 1976. 50 Scadenze e silenzi, «l’Unità», 5 agosto 1976. U9 51 Chi è rassegnato,«l’Unità», 7 agosto 1976. U10 52 Carlo Casalegno, Andreotti e i comunisti ,«La Stampa», 7 agosto 1976. St7 53 Rossana Rossanda, L’astensione comunista, «il manifesto», 7 agosto 1976. 54 Eugenio Scalfari, Che ne pensa Berlinguer, «la Repubblica», 6 agosto 1976. 55 Luca Pavolini, L’impegno sui problemi ,«l’Unità», 8 agosto1979. U11 56 Camera dei deputati, seduta n. 9 del 9 agosto1976. 57 VII Legislatura, Camera dei deputati, seduta n. 10, 10 luglio del 1976, pp. 417 – 423 ( Craxi) 58 Idem. ( Berlinguer, pp423-435) Zaccagnini ( pp.435-443) 59 Franco Ottaviano, «la Rivoluzione nel labirinto», Rubbettino Editore, 1994 60 Concluso il Comitato centrale Netta maggioranza nel Pdup sulla linea proposta dal segretario - Vani i tentativi di pervenire ad una conclusione unitaria - Nominato il direttore del “Manifesto” , «l’Unità», 13 luglio 1976 [p. 2] 61 Adriano Sofri, «Dopo il 20 giugno», Savelli, Roma, 1977. 63 Per un resoconto della riunione: Obiettivo del Pci l’avvio di una nuova politica di sviluppo,«l’Unità», 4 settembre 1976. U12 64 Luciano Barca, «Cronache dal vertice del Pci», cit., 649-650. 65 Luciano Lama intervista Sindacato e programma di governo,«Rassegna sindacale», n. 364, 9 settembre 1976. Rs1 66 Cgil - Comitato direttivo 13-14 settembre 1976, Relazione Aldo Giunti : L’iniziativa del sindacato nell’attuale fase economica e politica- Interventi – Documento conclusivo, «Rassegna sindacale», n. trovare Rs1a 67 Sergio Garavini, Perché il confronto non sia generico, «Rassegna sindacale», n. 365, 23 settembre 1976. 68 Agostino Marianetti, Non basta dichiarare occorre decidere, «Rassegna sindacale», n. 366, 30 settembre 1976. Rs3 69 Rinaldo Scheda, Perché questo sciopero ,«Rassegna sindacale», n. 367, 7 ottobre 1976. Rs4 70 u.b. ( Ugo Baduel ) resoconto del discorso di Enrico Berlinguer alla Festa de l’ Unità di Napoli,Il movimento unitario per affrontare i problemi e far avanzare la situazione politica del paese ,«l’Unità», 20 settembre 1976. U12a 71 Gerardo Chiaromonte, «La scelta della solidarietà democratica», Editori Riuniti, Roma, 1986, p.291. 72 Luigi Bianchi, La prudenza di Berlinguer e la fretta di Amendola, «Corriere della sera», 23 settembre 1976. 73 Aniello Coppola, Il Psdi e l’area socialista, «Rinascita», n. 40, 1976. 74 Gerardo Chiaromonte, «Le scelte della solidarietà», cit. , p. 203. 75 Giorgio Benvenuto, Né pro né contro il compromesso storico,«Rinascita», n. 44, 5 novembre 1976. 76 Il comunicato della segreteria del Pci ; Da oggi centinaia di manifestazioni indette per la riconversione,«l’Unità», 1 ottobre 1976. U13 77 Fine dell’ottimismo incosciente , «l’Unità», 2 ottobre 1976. 78 Quotidiani del 3 ottobre 1976. 79 Alessandro Caporali, Infondati spunti polemici sul rapporto tra il governo e il Pci ,«l’Unità», 7 ottobre 1976. U14 80 Dichiarazione di Rinaldo Scheda , Sviluppo dell’azione,«Rassegna sindacale», n.368, 14 ottobre 1976. – Rs5 manca la pagina seguente 81 Lionello Bignami, La dialettica non è contrapposizione, «Rassegna sindacale», n. 369, 21 ottobre 1976; Cgil - Consiglio generale ,Ariccia 11-13 ottobre, Relazione di Luciano Lama : Esame della situazione sindacale e convocazione del Ix congresso confederale - Gli interventi nel dibattito -Il documento conclusivo. «Rassegna sindacale», n. 369, 21 ottobre 1976. Rs5a 82 Esposizione economico-finanziaria ed esposizione relativa al bilancio di previsione, relatori Morlino, ministro del Bilancio, Stammati, ministro del Tesoro, camera dei deputati, seduta n. 20, 12 ottobre - Rendiconto generale dello Stato per l’esercizio finanziario 1975 ( 204) seduta n. 21, 13 ottobre - segue discussione , seduta n. 22, 14 ottobre - discussione seduta n. 23, …. discussione , seduta n.24, 18 ottobre 1976- discussione, seduta n. 25, 19 ottobre discussione, seduta n. 26, 20 ottobre 1976. Barca interviene il 13 ottobre – Napolitano il 15 83 Giorgio Frasca Polara, Generici impegni del governo sulle scelte per l’economia, «l’Unità», 13 ottobre 1976. U15 84 Seduta del 1° ottobre 1976 85 Giulio Andreotti, «Diari 1976-1979», cit, p. 42, nota del 16 ottobre 1976. 86 Pci - Comitato centrale, 18-21 ottobre 1976, relazione di Enrico Berlinguer: Come si è giunti alla grave stretta attuale, Le proposte e gli obiettivi di lotta del Pci U16– Vasta eco sulla stampa del rapporto di Enrico BerlinguerU19– Il dibattito– Berlinguer , Conclusioni : Mobilitare il partito e le masse sulla nostra linea di risanamento e rinnovamento della società , «l’Unità», 19- 20 – 21 - 22 ottobre 1976 - U18; Il testo integrale della relazione in Enrico Berlinguer in «Il Pci e la crisi italiana», Editori riuniti, 1976. 87 «l’Unità», 20 ottobre 1976. 88 Mario Angius, Delude i socialisti il rapporto Berlinguer,«Il Popolo», 20 ottobre 1979. – P3 89 Federazione Cgil – Cisl – Uil comitato direttivo Roma 19-20 ottobre 1976 , Relatore Giorgio Benvenuto :La posizione e l’iniziativa del sindacato di fronte alla crisi e ai provvedimenti del governoRs6a - InterventiRs6b - Il documento conclusivo ; «Rassegna sindacale», n. 370, 28 ottobre 1976. – Rs6c 90 Candiano Falaschi, Proficuo e positivo incontro fra le segreterie Pci- Psi ,«l’Unità», 23 ottobre 1976. U20 91 Gerardo Chiaromonte, «Le scelte della solidarietà nazionale», cit., p. 53; Bianchi, Com’è nata l’idea della lettera di Berlinguer, «Corriere della sera», 30 ottobre 1976. 92 Valentino Parlato, Una lettera d’addio, «il manifesto», 4 novembre 1976. 93 Il testo della lettera in Il Pci propone un confronto fra i partiti democratici, «l’Unità», 29 ottobre 1976. U21; Giulio Andreotti, «Diari 1976-1979» cit., p. 44 nota del 28 ottobre 1976. 94 Il Pci propone un confronto sull’austerità,«Il Popolo» , 29 ottobre 1976 - P4 ; M. A. , Sì al dibattito in Parlamento,«Il Popolo» 30 ottobre 1976 – P6 ; Una risposta appropriata, «Il Popolo», 31 ottobre 1976. –P7 95 Dc , direzione 16-17 novembre 1976, Uno sforzo concorde per rafforzare la Dc – Replica di Zaccagnini «Il Popolo», 17 novembre 1976. P8 96 Enrico Berlinguer intervistato da Romano Ledda , Scelte più di fondo per uscire dalla crisi, «Rinascita», n. 49, 10 dicembre 1976. 97 Mario Angius, Confronto e obiettivi del Pci, «Il Popolo», 10 dicembre 1976. - P9 98 Aldo Moro, Gestire il presente pensando al futuro,«Il Giorno», 10 dicembre 1976; l’articolo è pubblicato anche su «Il Popolo» dello stesso giorno. -P10 99 Pci - Comitato centrale ,13 – 14 dicembre 1976 , Relazione di Gianni Cervetti: Come essere un partito di lotta e di governo- Interventi – conclusioni «l’Unità», 14-15- 16 dicembre 1976. U22 100 Giovanni Trovati, Riflessione e travaglio ,«La Stampa», 10 dicembre 1976. St8 Pausa di riflessione ma non inerzia Moro 28 dicembre 1976 101 Luigi Bobbio, p. 177. 102 Il 4 convegno operaio di Lotta continua, «Lotta continua», 5 novembre 1977. 103 Un congresso senza precedenti sui problemi della rivoluzione e della vita, «Lotta continua», 5 novembre 1977. 104 «Il manifesto», 7 dicembre 1976. 105 intervista del 4 gennaio 1977. 106 Convegno al teatro Eliseo, Roma, 14-15 gennaio : Intervento della cultura per un progetto di rinnovamento della società italiana. Relazione di Aldo Tortorella : Un grande sforzo per superare la crisi e affermare nuovi valori – Interventi – Il discorso di Enrico Berlinguer : Una seria politica di austerità occasione per trasformare il paese. Un progetto da discutere con le masse, «l’Unità», 15-16 gennaio 1977. U23 la seconda pagina delle conclusioni è illeggibile 107 Norberto Bobbio intervistato da Giovanni Russo, Caro Berlinguer, solo coi sacrifici non si trasforma la società , «Corriere della sera», 22 gennaio 1977. n53 108 Ugo La Malfa intervistato da Giovanni Russo, “L’austerità ci vuole”.Io l’avevo già detto, «Corriere della sera», 28 gennaio 1977. 109 Assemblea dei quadri operai, Teatro Lirico, Milano, 29-30 gennaio 1977, Enrico Berlinguer : Le classi lavoratrici forza dirigente nella lotta per cambiare e vincere la crisi ,« l’Unità», 30-31 gennaio 1977. U24 illeggibile trovare. 110 Le risposte di Berlinguer ai giornalisti in TV, «l’Unità», 11 febbraio 1976. U25 111 Alberto Asor Rosa , Le convulsioni dell’Università ,« l’Unità »,11 febbraio 1977. U26 113 Citazioni da Lucia Annunziata, «1977», L’ultima foto di famiglia, Einaudi, Torino, 2007, pp.73-74 114 Stefano Cingolani, I delegati dell’Alfa approvano la piattaforma per la vertenza, «l’Unità», 15 febbraio 1977. U27 115 Citazioni da Lucia Annunziata, «1977», L’ultima foto di famiglia, Einaudi, Torino, 2007, pp.73-74 116 Luciano Barca, 117 Luciano Lama intervistato da Alessandro Cardulli, Lama: “vanno contro la lotta degli studenti,«l’Unità», 19 febbraio 1976 U28 ; Il documento della direzione,«l’Unità», 20 febbraio 1977. U29. 118 Alfredo Vinciguerra, Una lezione su cui meditare,«Il Popolo», 19 febbraio 1977. - P11 119 Guido Guidi, E’ tutto pronto per il processo a Gui e Tanassi , «La Stampa», 10 febbraio 1977. 120 Maurizio Caprara, «Il caso Lockheed in Parlamento», 2001 121 Antonio Ghirelli, Dalla Lockheed “ regime” Dc-Pci?,« La Stampa», 4 marzo 1977. St9 122 VII Legislatura , Camera dei deputati – Senato della Repubblica, seduta comune, 3- 11 marzo 1977. Alo Moro pp. 443-456 seduta 23 N. Piccione, «Uragano Lockheed. Fatti, processo, sentenza», edizioni Palma, 1980. 124 Massimo D’Alema, Il movimento del 77 e quelle masse giovanili “modernamente” emarginate, «Enrico Berlinguer», 125 Dc – Conferenza organizzativa, 31 marzo – 4 aprile 1977, Il partito affronta il rapporto con il paese – Corrado Belci, Rinnovamento da verificare – Giuseppe Sangiorgi, Aperto un grande dialogo per il rilancio del partito – Aldo Moro, Interpretare il modo di essere nuovo e imprevisto della società – Relazione di Giovanni Galloni, La nuova Dc è già cominciata – Interventi – Relazioni delle commissioni – Zaccagnini , La Dc disponibilead intese sui punti programmatici, «Il Popolo», 31 marzo- 5 aprile 1977. P12 riorganizzare ? 126 Resoconto della giornata del 21 aprile in Piero Bernocchi, Enrico Compagnoni, Paolo D’Aversa, Raffaele Strano, «Movimento settantasette storia di una lotta», Rosemberg & Seller, Torino , pp. 164-166. 128 Oggi inizia l’assemblea delle fazioni più facinorose del movimento studentesco «l’Unità», 29 aprile 1977. da trovare la data non corrisponde 129 Mario Angius , Approccio realistico – Spirito costruttivo; Avvio in un clima costruttivo degli incontri fra i partiti ; Prime indicazioni dopo gli incontri, «Il Popolo», 6- 7 maggio 1977. – P13 Benigno Zaccagnini , Un esame di coscienza,« Il Popolo» , 8 maggio 1977. – P14- Sugli incontri vedere se fare nota 64 n 130 Giulio Andreotti, «Diari 1976-1978», cit., pp. 111- 112, nota del 1° luglio 1977. 131 Gerardo Chiaromonte, Le scelte della solidarietà nazionale, cit., p. 162. 132 Luciano Barca, «Cronache dall’interno del vertice del Pci», cit , p. 691 volume secondo. 133 Rossana Rossanda, Dalla “via italiana” al "medio termine”, «il manifesto», 9 luglio 1977. 134 Giovanni Galloni illustrazione mozione e programma concordato, Camera dei deputati, seduta n. 161, 12 luglio - Discussione, seduta n. 162, 13 luglio –seduta n.163 , 14 luglio - Intervento di Andreotti, Dichiarazioni di voto, votazioni, seduta n. 164, 15 luglio 1977. 135 VII Legislatura, Camera dei deputati, seduta n. 136 Camera dei deputati , seduta n. 163, 14 luglio 1977 , p. 9084. 137 Achille Occhetto, Una tappa verso dove, «l’Unità», 17 luglio 1977. U30 138 Risposte unitarie , «Il Popolo» 16 luglio 1977. 66n fare 139 Gerardo Chiaromonte, «Le scelte della solidarietà nazionale», cit. p. 236. 140 Pci- Comitato centrale 20-21 luglio 1977, Relazione di Gerardo Chiaromonte Il programma un terreno più avanzato per la lotta e l’unità– Interventi, «l’Unità» 21-22 luglio 1977. U30a 141 «Lotta continua », 13 luglio 1977. 142 Discorso conclusivo di Berlinguer a Modena, 18 settembre 1977, Si agita l’anticomunismo per impedire il cambiamento, «l’Unità», 19 settembre 1977. fare rimando vedi cartella 143 «Il manifesto», 20 settembre 1977. 144 Norberto Bobbio, Per un dialogo per Bologna,«La Stampa», 22 settembre 1977. St10- fonte archivio Bobbio 145 Enrico Berlinguer, Chi sono i nuovi fascisti, «La Stampa», 23 settembre 1977. 146 Eugenio Scalfari , I comunisti stanno vincendo la scommessa,« la Repubblica», 25 settembre 1977. 147 « Rosso», n. 23, 24 gennaio 1978. 148 (l’unità 20 ottobre 1977) 149 Enrico Berlinguer, Il movimento socialista e il cammino del Pci,«l’Unità», 3 novembre 1977. U31; vedi anche Berlinguer sugli incontri di Mosca, «l’Unità», 5 novembre 1977. U32 150 ( vedi unità del 6 novembre ) 151 Ugo La Malfa, «La Voce repubblicana», 1977. 152 Ugo La Malfa intervistato da Eugenio Scalfari, La Malfa a Berlinguer “è il momento del Pci” , «la Repubblica», 6 novembre 1977; La Malfa preciserà ancora vedi «l’Unità» 8 novembre 1977. 153 Rinaldo Scheda , Perché si battono i lavoratori,«l’Unità» , 8 novembre 1977. U33 154 Alfredo Reichlin, Il discorso di La Malfa, «l’Unità», 9 novembre 1977. fare rimando 155 Peci, «Io l’infame», pagina 137; Andrea Casalegno , «L’attentato», Chiarelettere, 2008. |